Mark Romanek – Non lasciarmi

Dopo il raggelato ed inquietante On our photo (2002), che vedeva il simpatico Robin Williams nelle inconsuete ma assai convincenti vesti di uno psicopatico, Mark Romanek torna dietro la macchina da presa per dirigere Non lasciarmi, tratto dall’omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro, pubblicato per la prima volta nel 2005. La pellicola narra di un presente “alternativo”, in cui i progressi della medicina consentono di curare qualsiasi patologia, anche la più grave. In che modo? Semplice: attraverso la clonazione. E così, schiere d’individui vengono allevati in apposite strutture, simili a collegi, e preparati al loro ruolo di “donatori”, ben consapevoli e tuttavia rassegnati alla tragicità della proprio destino. La sceneggiatura (scritta da Alex Garland, autore anche degli script dei boyleiani The Beach, 28 giorni dopo e Sunshine) si concentra in particolare sulle vicende di tre giovani, Kathy (Carey Mulligan),Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley), seguendone l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza, raccontandone il complesso rapporto, fatto di amore, amicizia, gelosie, tradimenti, ripicche ma anche il dramma di una condizione esistenziale che non ha sbocchi.

Mescolando abilmente la sci-fi stile Gattaca e The island (ma senza la spettacolarità della pellicola di Bay), la distopia di Dick e Bradbury e gli incubi concentrazionari di Karfka, Romanek ci consegna un film intenso ma sempre sotto le righe, struggente ma mai patetico, la cui cifra ideologica sembra essere un pessimismo lucido e irredimibile, inserito in un discorso che va al di là della banale riflessione sul rapporto tra etica e scienza. Il regista, infatti, senza scadere mai nello schematismo didascalico, s’interroga sulla natura profonda dell’essere umani, sul significato dell’arte, sulla libertà, il destino, l’amore – in definitiva, sul senso ultimo dell’esistenza. «Quello di cui non sono sicura – riflette Kathy nel finale – è che le nostre vite siano tanto diverse da quelle delle persone che salviamo. Tutti completiamo un ciclo, e forse nessuno ha compreso veramente la propria vita, né sente di aver vissuto abbastanza». Ecco dunque come la parabola del trio di protagonisti offra a Romanek l’occasione per meditare sulla caducità delle cose, che accomuna tutti, uomini e cloni, condannandoli ad un destino di perenne incertezza e consegnandoli, alla fine dei propri giorni, nella landa desolata del rimpianto.

Nel grigiore indistinto d’istituti scolastici, complessi di fattorie e, infine, strutture ospedaliere, i nostri eroi si muovono accettando passivamente la loro sorte perché educati, sin dall’infanzia, a considerare se stessi strumenti da adoperare per il bene di qualcun altro. Del resto, non sembrano esserci possibilità di fuga: quando Kathy e Tommy tentano d’ottenere un rinvio della donazione (per il ragazzo, si tratta dell’ultima, quella letale) sperando nella veridicità della voce per cui è possibile una dilazione se si dimostra di essere realmente innamorati, la misteriosa “Madame” (la donna a capo di Haisham, l’istituto frequentato dai tre quando erano bambini), fa capire loro che tale ipotesi non è mai stata neppure contemplata. Non resta, dunque, che entrare in sala operatoria per l’ennesima volta, sperando che sia l’ultima, affinché lo strazio di una vita “a metà” termini al più presto.

Commovente senza mai scadere nel sentimentalismo d’accatto e ricco di spunti di riflessione, Non lasciarmi è un film dalla straordinaria carica emotiva pur nella sobrietà della messinscena. Merito anche di un trittico d’interpreti di straordinaria bravura, in cui, accanto ad una Knightley bellissima e fragile e ad un Garfield (futuro Spiderman) teneramente ingenuo, svetta la Mulligan, capace, con la sola forza dello sguardo, di trasmettere tutta la dolorosa consapevolezza che anima il suo personaggio. Uno dei titoli più intriganti usciti quest’anno.

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