Unmade Bed – Mornaite Muntide

Come una fiaba, ma raccontata dalla strega cattiva. O un buco nero, un vuoto oscuro e pulsante che inghiotte ogni cosa gli capiti a tiro e la restituisce in un’altra forma, in un altro tempo. Come un sogno, in cui la logica è rovesciata e le leggi della fisica un’opinione. O un monologo sconnesso, in cui consecutio temporum e nessi causali sono mere formalità, poco più che inutili orpelli di cui sbarazzarsi senza rimorsi. Gli Unmade Bed non fanno musica: accorpano suoni, immagini, odori, sapori, ci costruiscono cattedrali fantasmatiche e poi ti ci invitano o meglio, ti ci attirano, sussurrandoti all’orecchio oscuri vaticini al cui richiamo è impossibile resistere.

Lorenzo Gambacorta (ex My Best Friend’s Birthday), Vincenzo Zingaro e Matteo Magrini, con questo secondo lavoro (il precedente, “Loom”, risale a due anni fa) hanno allestito una pièce onirica, surreale, perturbante, una sorta di balletto spiritato diviso in cinque lunghi capitoli. Vocals bisbigliate, chitarre, basso, farfisa, synth, piano, clarinetto e batteria intonano soliloqui astratti, in cui minimalismo kraut, psichedelia Sixties e svolazzi free convivono alla perfezione, impregnandosi di umori degni dei racconti dei fratelli Grimm. Il risultato è un lavoro di straordinaria intelligenza e personalità, in cui non v’è traccia alcuna di autocompiacimento e in cui ogni elemento sonoro è finemente cesellato, configurandosi come tassello imprescindibile per l’equilibrio dell’insieme. The Death at Twilight of 25 Shattering Pieces of Sharpring Thin Ice apre l’opera all’insegna di un deliquio wyattiano, per poi arrancare inqueta in una marcia scandita da percussioni oscure, pesanti, la quale, tuttavia, si disfa progressivamente, sospinta via da folate elettroniche e dal vagito solitario del clarinetto jazz. Ci troviamo così catapultati nel valzer fantasmatico di Luna (and the Great Parade of Creatures Tiptoeing Around the Scarecrow), miscellanea di biascichii malati, sei corde cullanti, versi animaleschi e scampanellii sempre in bilico tra estasi malinconica e delirio.

Impossibile disegnare la mappa di quest’universo: forme e colori cambiano in continuazione sotto i nostri occhi, impedendoci di afferrarne compiutamente l’insieme. Gentle Marionette Firflies Lullabying Weavy, ad esempio, fa di questa “fluttuazione” la sua ragion d’essere, con le note che si “allungano” a dismisura e il battito che rallenta fino quasi a farsi impercettibile, inabissandosi in una sorta di nebbia collosa che degenera nella sarabanda ossessiva di The Loony Crowes Hoohaywire in the Shadows of the Gigantic Moon, con l’organo e la batteria che folleggiano come poltergeist, fornendo lo sfondo su cui si staglia una filastrocca che è la quintessenza dell’alienazione. At Twilight, Giant Farflies è un altro campionario di ossessioni psicomagiche, una versione horror delle nenie barrettiane, divisa idealmente in tre parti: una prima all’insegna lugubri beat, cacofonie assortite e chitarre sinuose e inquiete, una seconda liquida e sospesa, impostata su un picking lieve corroborato da un sussurro incantato e fiati appena percettibili, e una terza dominata da un crescendo ipnotico, in cui, ai precedenti elementi, si assommano piatti e tamburi, pianoforti nervosi e risa stridule.

Registrato con la tecnica “binaurale” (che, a differenza della più tradizionale stereofonia, offre all’ascoltatore la percezione di uno spazio sonoro sferico, a 360 gradi), “Mornaite Muntide” è un disco di eccellente fattura, opera di una formazione che fa della sperimentazione e della ricerca di nuove strade sonore la sua mission principale. Un album, insomma, che sancisce definitivamente il passaggio degli Unmade Bed da “rivelazione” a “certezza acquisita” della scena underground italiana.

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