Il barile magico ha ricevuto nel 1959 il National Book Award, il più importante riconoscimento letterario de gli Stati Uniti. Così Bernard Malamud — il suo stile onirico, la sua poetica ostinatamente umanista — sono finiti nell’Olimpo dei grandi scrittori d’America.
“Storia” è la parolina magica per questo libro. «Storie, storie, storie: per me non esiste altro. […] Io sono convinto che la storia sia l’elemento di base della narrativa», scrive Bernard Malamud. E ancora: «Le storie ci accompagnano finché esisterà l’uomo. […] Grazie alle storie scopriamo di avere un futuro».
Nella prefazione a Il barile magico, curata da Jhumpa Lahiri, ci sono diversi spunti condivisibili. In primis il rifiuto di etichettare questo libro come «letteratura dell’immigrazione»: delusione, disperazione, rimpianti e desideri sono aspetti che troppo banalmente associamo alla figura del migrante, ma che, in realtà, costituiscono l’essenza stessa dell’uomo. Qui si tratta di sopravvivenza quotidiana, mangiare, amare, spendere una vita per realizzare un desiderio.
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La trama
Un umile ciabattino polacco che sogna un futuro migliore per la sua unica figlia; un pensionato che lotta disperatamente contro uno sfratto ingiusto; uno scrittore fallito che cerca il riscatto nell’impossibile relazione epistolare con una collega; un sarto ebreo che ritrova la fede grazie alla miracolosa visita di un angelo nero: sono alcuni dei personaggi che popolano Il barile magico, la prima raccolta di racconti di Bernard Malamud.
Un’umanità marginale, offesa da esistenze troppo dure, ep pure ancora irriducibilmente attaccata al le proprie speranze; sullo sfondo, la New York proletaria del Bronx o dell’East Side, appena uscita dalla guerra, teatro di mi seria e sopraffazioni, ma talvolta anche di piccoli, inaspettati gesti di solidarietà.
Il barile magico di Bernard Malamud – La recensione
Bernard Malamud racconta con piacevole leggerezza tragedie grandi e piccole, che appartengono ad ognuno di noi, soprattutto al nostro lato più oscuro, fatto di odio, vigliaccheria, dubbi, disonestà. Dunque attribuire queste componenti del genere umano alla sola categoria dell’immigrato vuol dire, da un lato, cavalcare un preconcetto stupido, dall’altro, negare l’universalità di queste condizioni. Ma ammesso e non concesso che ciò che Malamud voglia descrivere sia la condizione dell’immigrazione, varrebbe comunque la pena di fermarsi a riflettere sull’estrema attualità del concetto e su ciò che voglia dire lottare sino allo stremo per avere un’esistenza semplicemente dignitosa, al di là di ogni sbarco, di ogni gommone e di ogni centro di accoglienza. E anche al di là di ogni stupida polemica. Un pensiero va di dovere alle origini dell’autore, figlio di ebrei russi immigrati in America. Come spesso accade, e come è giusto che sia, l’esperienza personale aiuta e segna un percorso per tutti coloro che raccontano storie.
Un libro utile per conoscere una buona penna, farsi trasportare da uno stile semplice che rende facile il difficile del quotidiano, e assaporare qualche piacevolissima descrizione fisica. E poi, cosa che non guasta mai, importante anche per provare a conoscere un po’ di più gli altri, e quindi se stessi.
Bernard Malamud
Casa editrice
Minimum Fax
Anno
2011
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
300
ISBN
9788875213282