Crystal Castles – Crystal castles

Il curriculum dei Crystal Castles è di quelli decisamente “alla moda”. Tanto per cominciare, c’è la provenienza, quel Canada che, nell’ultimo decennio, s’è imposto di fatto come fucina di novità “indie”. Poi la composizione stessa del progetto, con il produttore ombroso (Ethan Kath) & la vocalist dal fascino stropicciato (Alice Glass), anche questa decisamente stereotipica. Per non parlare del percorso che ha portato i nostri alla ribalta, con l’immancabile trafila di 7” e 12” pubblicati tra il 2005 e il 2007 e girati parecchio in rete prima di coagulare in un LP. Continuando su questo crinale, arriviamo alla musica. Electroclash, synth-pop, dance, glitch: un mix furbo, fatto apposta per l’hype e le classifiche. Anche qui, niente di nuovo. Insomma, i Crystal Castles funzionano già a scatola chiusa, non possono sbagliare. E difatti, non sbagliano.

Sedici le tracce del loro debutto, in bilico (ovviamente) tra ruvidezza e sensualità, minimali e irruenti, con una patina lo-fi ed uno spruzzo vintage assicurato da tastierine cha fanno tanto Atari: non a caso, Crystal Castles è il nome di un videogame degli anni ’80 (anche se il duo dichiara di aver derivato il proprio monicker dal cartoon She-Ra). Il tutto, però, non s’esaurisce nella sommatoria delle parti: è una legge universale, questa, e vale anche per il disco dei canadesi. Se le aggressive Xxzxcuzx me, Alice practice e Love and caring funzionano, è perché iniettano in un tessuto connettivo arci-noto una buona dose di sana nevrosi. Altrove (Crimewave, Magic spells, Vanished, Through the hosiery), l’inquietudine si fa più subdola, ma rimane comunque palpabile; in Tell me what to swallow («Through the walking, through me / I know he’d never hurt me / Daddy watched me sleeping / Praying for you silently»), il malessere, complice una chitarra acustica, assume invece contorni spettrali.

Confusione, smarrimento, alienazione: un pauroso senso di vuoto traspare da queste tracce, il vuoto di una generazione intera, anestetizzata, afflitta da anodia cronica, incapace di trovare il proprio baricentro. Sarebbe sbagliato, però, attribuire al duo chissà che portata poetica, perché questa esula ampiamente non solo dalle capacità, ma anche dalla volontà della band. Anche in questo, i Crystal Castles sono irrimediabilmente contemporanei.

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