Skunk Anansie – Black traffic

Bravi ed arrabiati, tanti anni fa. Il tempo, però, passa velocemente e di rado fa sconti. Gli Skunk Anansie, oggi, arrabbiati magari lo sono ancora, ma di idee ne hanno pochissime. Il combat-rock di Black traffic non è paragonabile a quello dei Rage Against the Machine o dei Clash, due nomi che, a metà degli anni ’90, portarono Skin e compagni a confezionare il bel debutto Paranoid and sunburnt. E basta ascoltare I belived in you, primo singolo estratto da questo quinto LP di studio, per rendersene conto: il sound, levigato e attualissimo, con tanto di chitarre in stile Interpol versione heavy, fa il paio con il look chic che i quattro sfoggiano nel relativo video, al punto tale che pare quasi di trovarsi difronte ad uno spot pubblicitario di qualche griffe d’alta moda.

Black traffic mescola ingredienti diversi, nel tentativo di stendere un ponte tra vecchio e nuovo, di recuperare la ribellione partigiana di un tempo ma senza rinunciare alle sonorità in voga, giusto per non scontentare nessuno. Il punto, però, è che le ballatone disperate di I hope you get to meet your hero e Diving down sono goffe tanto quanto I will break you e Sad sad sad, che nelle intenzioni dovrebbero essere un mix di Muse e Foo Fighters, ma in pratica sembrano frutto della penna di Avril Lavigne. Qualche richiamo alla loro giovinezza rude e chiassosa (Satisfied?) non cancella il fatto che il full-lenght trabocchi di cliché, precipitando tavolta nella confusione (Spit you out, che parte new wave e vira grunge nel refrain, rimanendo un’incompiuta). L’unico pregio della raccolta è la vocalità di Skin, estremamente duttile, in grado di passare con invidiabile facilità da un registro all’altro. Ma questo, ovviamente, non può bastare.

Le undici canzoni contenute in Black traffic confermano insomma il pessimo stato di salute degli Skunk Anansie, che già Wonderlustre (2010, il disco della reunion) aveva provveduto ad attestare. I fan più oltranzisti, forse, apprezzeranno; a tutti gli altri rimarrà probabilmente solo l’amarezza per l’ennesima occasione sprecata.

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