Edith, una facoltosa signora della borghesia parigina, non riesce davvero a credere che la sua donna di servizio di origini marocchine, Fadila, non sappia né leggere né scrivere. Decide, così, di essere la sua insegnante. Non sa che la sua “missione” sarà più dura del previsto, perché Fadila si scoraggia facilmente: inoltre, la donna deve fare i conti con la vita reale, che la porta a fare la domestica per diverse famiglie, senza poter contare sull’appoggio di nessuno, nemmeno dei figli residenti in Francia. Fadila è spesso stanca o di cattivo umore e non ha voglia di applicarsi nello studio. Eppure, anche lei può insegnare qualcosa a Edith: qualcosa sul dolore, sulla frustrazione e sull’amarezza dell’esistenza.
Il titolo del libro di Laurence Cossé (già autrice dell’ottimo La libreria del buon romanzo, pubblicato sempre da E/O), crea un accostamento tra il mandorlo, pianta che in Marocco conosce a febbraio una superba fioritura, e i sentimenti di Fadila quando si accorge che tra il suo passato e il suo presente non esiste una gran differenza, che le cose sono cambiate solo in parte e non sempre in meglio.
Il rapporto di reciproco scambio tra le due protagoniste è senza dubbio il punto di forza del romanzo: il resoconto del vissuto di Fadila lascia nel lettore una sensazione di tristezza che il finale tende ad accentuare ancora di più. Inoltre, è interessante notare come Edith riesca a penetrare nel mondo di Fadila, così povero da un punto di vista culturale ma estremamente ricco di esperienze e lezioni che solo gli anni possono regalare. Si registra, invece, una certa pesantezza nelle parti inerenti ai corsi di alfabetizzazione, spesso troppo dettagliate e tecniche per essere appieno godibili durante la lettura. Forse la sezione relativa al confronto tra le due donne doveva trovare maggiore spazio nel racconto: comunque, Mandorle amare rimane uno scritto di buona fattura, una finestra aperta su una storia diversa, lontana, che fornisce degli ottimi spunti di riflessione.