Potremmo definire Vitaliano Brancati uno scrittore eclettico, perché le sue opere spaziano senza problemi dal mondo giornalistico a quello teatrale, passando per la letteratura. Ricordato forse maggiormente per Il bell’Antonio (1949 – il suo romanzo di maggior successo), Don Giovanni in Sicilia è un’altra di quelle opere che va citate, e che mette bene in evidenza una certa eccentricità propria degli scritti del Brancati.
Il protagonista della storia è Giovanni Percolla, quarant’enne borghese siciliano che vive, scapolo, in compagnia di tre sorelle. La sua vita è una continua fuga dalle responsabilità, contornato da abbondanti pasti e lunghi riposi nel pomeriggio, passeggiate e discussioni con gli amici, in cui il tema e l’argomento è sempre lo stesso: le donne. Accudito, servito e riverito dalle tre sorelle, che comunque approvano questo stile di vita, Giovanni non cambierà fino a quando l’amore entrerà nella sua vita. Una volta sposato con Maria Antonietta si trasferisce a Milano, dove seguirà le abitudini continentali rinunciando ai suoi pisolini, dimagrendo e provocando sorpresa nelle persone che lo avevano circondato negli anni siciliani. La natura degli uomini però spesso non cambia, e a Giovanni basterà tornare una volta in Sicilia, nella casa con le tre sorelle, per ricadere di nuovo nella vita agiata e dissoluta che gli appartiene.
Pubblicato nel 1941, durante la Seconda guerra mondiale, il romanzo utilizza ironia e comicità per descrivere lo stile di vita della borghesia siciliana di quegli anni, in netto contrasto con la forza e i dettami nazionalistici che avevano conquistato la società del nostro Paese. L’idea del Brancati è abbastanza chiara: l’indifferenza e l’apatia di quella borghesia sono un po’ quelle dell’italiano medio, che puntava forse troppo in alto vedendosi come “guerriero”, “santo” o “navigatore”. Ironia e comicità ci lasciano quindi un sorriso amaro nel mostrarci come, alla fine, abbia la meglio la natura del vuoto d’essere e del disimpegno, dell’impossibilità al cambiamento. In questo Brancati ha sicuramente colto nel segno: il messaggio passa al lettore, nonostante il romanzo non sia certamente una di quelle opere da leggere ad ogni costo, e nonostante una storia che latita spesso di forza narrativa e sembra chiudersi su se stessa.