La storia è lunga, ma è di quelle che oggi, abituati come siamo ad un clima da teaser perenne (vedi Daft Punk e Boards of Canada), finiscono inevitabilmente con l’appassionare. Il 4 dicembre del 2009, compaiono sul canale YouTube dell’utente iamamiwhoami due video misteriosi, poi girati a blogger e giornalisti (anche uno di MTV): protagonista, una donna con il volto distorto digitalmente. Sono i primi di una serie, con titoli che contengono codici numerici che, decifrati, compongono espressioni come “educational”, “I am”, “its me”, “mandragora”, “officinarum” e “welcome home”. Subito dopo, una seconda trance di clip, inaugurata da b, stavolta un video musicale vero e proprio. Per farla breve, le successive altre “lettere” formarono la parola “bounty”: nel frattempo, mentre l’hype cresceva, si speculava su chi fosse la misteriosa ragazza bionda. Si facevano persino i nomi (improbabilissimi) di Christina Aguilera e Lady Gaga, accanto a quelli più plausibili di Knife e Björk.
E invece no, era la cantautrice svedese Joanna Lee la donna col volto “sfigurato”, che aveva architettato tutto con la complicità del produttore Claes Björklund e con il regista Robin Kempe-Bergman. Il primo disco vero e proprio di iamamiwhoami è stato Kin, pubblicato l’anno scorso. Ora arriva bounty, a raccogliere il materiale precedente, e a confermare, semmai ce ne fosse bisogno, la bontà di un progetto in grado di muoversi su diversi livelli di suggestioni audio-visive, grazie al contrasto tra lievità quasi new-age e piglio dance-industriale, tra spiritualità, culto della bellezza e della natura, e un certo tratto angosciato, horror (in chiave lynchiana, ovviamente).
Le nove tracce di bounty, pubblicato dalla To Whom It May Concern, la label della Lee, puntano così a destrutturare l’estasi (b, c), a giocare con gli stereotipi dell’electro-pop più classico (o), a tratti proposto in un’incarnazione estremamente dinamica, febbrile (t, Clump). In quest’ottica, non c’è effettiva soluzione di continuità le vocals celestiali di b-1 e il martellamento industriale di b-2: n sintetizza bene il concetto, proponendo una pulsazione oscura che illumina di luce inquieta la melodia un po’ bjorkeiana.
Venti milioni (20, sì) di visualizzazioni (complessive) su YouTube: è un numero da capogiro, eccessivo rispetto alla resa effettiva del materiale degli iamamiwhoami. Ma è anche una cifra indice di come una buona strategia di comunicazione sia fondamentale per promuovere un progetto: se poi, come in questo caso, alla furbizia e alla capacità manipolatoria del sistema dei media si uniscono un programma concettuale/estetico intrigante e, soprattutto, delle buone melodie, il divertimento è assicurato.