Jean-Pierre Jeunet – Il favoloso mondo di Amélie

Chi non vorrebbe far parte del mondo di Amélie Poulain? E chi non vorrebbe incontrare, almeno una volta nella vita, una persona come Amélie Poulain? Nel film diretto da Jean-Pierre Jeunet, Amélie ha il volto di Audrey Tautou (il 12 settembre al cinema con Mood Indigo di Michel Gondry, tratto dal libro La schiuma dei giorni di Boris Vian), grandi occhi scuri, caschetto alla francese e sguardo curioso. È lei Amélie, la ragazza che si pone le domande più cretine, mentre osserva dall’alto Parigi (quante coppie stanno avendo un orgasmo in quel preciso momento?); e ancora, Amélie che adora immergere la mano nei sacchi pieni di legumi, oppure spezzare la crosta della crème brûlée con un cucchiaino o che si diverte a far rimbalzare i sassi sul canale Saint Martin.

Si è già capito che Amélie è una ragazza speciale, anche se nel complesso conduce un’esistenza normale, divisa tra il lavoro come cameriera in un café parigino e le visite al padre, rimasto vedovo. Un giorno, Amélie trova una scatolina dietro una piastrella del muro della sua abitazione. All’interno, sono custoditi diversi oggetti, tra cui dei giocattoli, di certo appartenuti a qualche bambino, precedente inquilino della casa. Così, Amélie si mette alla ricerca del proprietario della scatola ma, nel farlo, comincia a provare l’irresistibile desiderio di fare del bene anche agli altri, ossia «rimettere a posto le cose», restituendo la serenità a chi l’aveva perduta.

Il favoloso mondo di Amélie è una di quelle pellicole di cui si ha proprio bisogno, specialmente ai nostri tempi, dove cinismo e opportunismo sono ormai diventati una norma. Sono due ore in cui è gradevole riscoprire quanto possono essere deliziosi la generosità, l’altruismo e i piccoli piaceri quotidiani, quelle cose all’apparenza insignificanti che rendono, se non gioiosa, almeno sopportabile l’esistenza. Parigi viene dipinta così com’è nell’immaginario collettivo: poetica, elegante, raffinata, un po’ birichina, proprio come Amélie la quale, rifiutando qualsiasi forma di egocentrismo ed egoismo, riesce non solo ad essere di supporto a chi ne ha bisogno, ma anche a trovare lei stessa l’amore e la felicità, secondo un vecchio proverbio nostrano che recita «Il bene è bene per tutti », anche di chi lo compie e, in questo caso, anche di chi lo mette in scena. Infatti, nel 2001, anno di uscita nelle sale, il film fu un enorme successo, sia di critica che di pubblico: otto milioni di spettatori in Francia – per un incasso di oltre quaranta milioni di euro – e otto milioni di euro guadagnati solo nel Belpaese. Tuttavia, il boom d’incassi, fuori dai confini nazionali, il lungometraggio lo ha registrato in Germania, con quasi venti milioni di euro ai botteghini.

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