Gossling – Harvest of gold

«What we are made of, big or little love?»: se lo chiede Gossling, aka Helen Croome, nella prima traccia del suo debutto, Harvest of gold, e come quesito iniziale è niente male. Neppure l’album lo è, anzi: le dieci tracce posseggono una bella intensità, ma senza rinunciare ad una vena capricciosamente pop, che la vocina sottile, prepuberale (e bjorkeiana) della nostra inevitabilmente accentua. E così, ad esempio, proprio Big love stupisce ad altezza refrain, dopo una strofa intonata in punta di plettro: entra la batteria, le tastiere si stratificano, e dal mix nasce una specie di malinconia contagiosa, una meraviglia che scioglie il freddo della notte.

L’opener definisce le coordinate del disco: melodie pop accattivanti, testi imperniati sulla tematica amorosa (ma non banali: vedi la metafora agreste del nuovo raccolto adoperata nella title-track) e arrangiamenti ancora più intriganti, aperti a sfumature diverse. Never expire, ad esempio, ci mette un po’ più di grinta, e contamina la matrice dream pop della scrittura con un piglio più danzereccio. E se Songs of summer (scritta assieme a Steve Parkin) punta su atmosfere più minimali, con le due voci (quella maschile è di Alexander Burnett) cullate da pochi accordi di tastiera, Vanish sceglie un tono decisamente più melodrammatico, per un valzer coheniano incentrato su un fatto di cronaca (la morte della 29enne Jill Meagher, stuprata e uccisa mentre tornava a casa dal pub).

La stessa atmosfera retrò pervade Pulse, con fiati ed orchestra decisamente cinematici (era nata, sembra, ispirandosi al Il Padrino), e anche quando aumentano i giri (That feeling, Challenge), la patina retrò resta. La chiusura è affidata alla splendida A lover’s spat, morbida ballad nel solco di Cat Power (quella di The greatest). Gossling sente due amanti litigare, si rigira nel letto (impossibile dormire), trattiene il fiato presagendo qualcosa di terribile: tutti questi particolari formano una mini-sceneggiatura che la musica declina dolcemente, con un corredo di batterie spazzolate, sparuti tocchi di piano ed archi carichi di pathos.

Con Harvest of gold, Gossling si è ritagliata un posticino tra le voci più interessanti e originali in circolazione. Tecnica narrativa, facilità melodica, gusto negli arrangiamenti (ricchi ma non chiassosi): c’è tutto perché il pop dell’australiana sciolga il ghiaccio di molti inverni a venire.

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie