È in arrivo un’antologia dell’horror firmata da alcuni grandi registi italiani del genere. Roma sarà la protagonista e, proprio della città eterna, ciascun cineasta tenterà una sua rappresentazione. Ma chi sono gli artisti coinvolti nel progetto? Ve li presentiamo di seguito, segnalando anche un titolo di ciascuno, realizzando per voi una lista di piccoli cult.
Demoni (Lamberto Bava, 1985): diretto da Bava e prodotto da Dario Argento, nel film un cinema diventa un luogo di puro orrore, dove gli spettatori vengono trasformati in esseri demoniaci. Il tutto si risolverà in una carneficina, poiché, a eccezione di rari casi, praticamente tutti i personaggi coinvolti nel lungometraggio sono stati contagiati, contagiandosi poi a vicenda. Manco a dirlo, la pellicola si ispira a Zombi di George A. Romero (1978).
Il gatto dagli occhi di giada (Antonio Bido, 1977): a partire dal titolo che richiama la saga animale di Argento, il film si concentra su un’attrice, Mara, la quale assiste a un delitto, senza, però, riuscire a identificare il killer. Dopo essere riuscita a scampare a sua volta a un tentativo di assassinio, si trasferisce a vivere a casa dell’ex fidanzato, con cui riallaccia, tra l’altro, il rapporto amoroso. In seguito avvengono altri omicidi: la storia, iniziata a Roma, si sposta a Padova, dove sembra celarsi la causa della catena di morti. Alla fine, si scoprirà che il caso ha radici molto lontane, durante la Seconda guerra mondiale, ai tempi delle persecuzioni naziste nei confronti degli ebrei.
L’ultimo squalo (Enzo G. Castellari, 1981): è interessante parlare di questo film poiché realizzato in seguito al grande successo di Lo squalo (1975). Da una parte venne considerato il miglior sequel (anche se non ufficiale) della pellicola di Spielberg, dall’altro la Universal accusò la produzione italiana di plagio: la pellicola registrò incassi da capogiro ai botteghini americani, ma una causa della stessa Universal ne causò il ritiro dal mercato statunitense.
L’assassino è costretto ad uccidere ancora (Luigi Cozzi, 1975): un architetto progetta di uccidere la moglie con la complicità di un killer professionista. Peccato che mentre tenta di liberarsi del corpo della vittima, rinchiuso nel bagagliaio di un’auto, la vettura venga rubata da una coppia di giovani in cerca di emozioni forti. I due non sospettano che con la loro bravata daranno il via a una serie di eventi macabri e tragici.
L’Anticristo (Alberto De Martino, 1974): la protagonista è Ippolita, una donna paralizzata alle gambe. Si tratta di una malattia psico-somatica causata, con tutta probabilità, da un fatto traumatico legato all’infanzia della ragazza. Ippolita decide di sottoporsi a delle sedute d’ipnosi, per scoprire l’origine di quello che ha tutte le caratteristiche di un disturbo nervoso. In stato d’incoscienza, scopre di essere la discendente di una donna condannata per stregoneria e arsa viva. La stessa Ippolita darà segni di possessione diabolica e, per questo, verrà sottoposta ad esorcismo.
Cannibal holocaust (Ruggero Deodato, 1980): considerato universalmente il miglior film del genere cannibal, la pellicola presenta scene di violenza inaudita, che provocarono, insieme all’entusiasmo, anche numerose critiche. Cannibal holocaust venne addirittura definito uno snuff movie, che costò al regista una causa. Deodato venne considerato un autore estremo, ma anche un lucido e impietoso ritrattista del mondo dei mass media (i protagonisti della pellicola, infatti, sono quattro giovani giornalisti che scompaiono nel nulla in una regione dell’Amazzonia). Una delle scene cult (forse la più agghiacciante) è quella in cui una ragazza viene violentata e impalata: Deodato svelò i retroscena di quella parte, ammettendo che, seppur il tutto fosse fittizio, l’attrice si spaventò davvero.
Chi l’ha vista morire? (Aldo Lado, 1971): tutto comincia con l’assassinio di una bambina dai capelli rossi, da parte di un killer in abiti femminili. Qualche anno dopo, un’altra bambina dai capelli del medesimo colore viene uccisa. Il padre della piccola, avendo poca fiducia nelle forze dell’ordine, decide di indagare per conto suo. Uno dopo l’altro, tutti i sospettati vengono uccisi, fino alla scoperta di una terribile verità.
Napoli violenta (Umberto Lenzi, 1976): il film è il secondo capitolo di una “trilogia del commissario”, in cui ritroviamo il commissario Betti, già protagonista di Roma violenta (e presente anche in Italia a mano armata: quest’ultimo e Roma violenta, però, sono stati diretti da Franco Martinelli). In Napoli violenta il commissario dovrà fare i conti con delle faccende di stampo camorristico. È una pellicola in cui il protagonista riuscirà a far valere la legge, ma a un prezzo molto alto, che lo spingerà, nella parte finale, a una riflessione sul suo operato e a prendere un’importante decisione professionale e privata.
The black cobra 2 (Edoardo Margheriti, 1989): Malone è un poliziotto statunitense che viene sospeso dal servizio a causa dei suoi metodi decisamente poco ortodossi. Trasferito in altra sede, gli viene affiancato un collega dai modi più tranquilli, il quale, però, imparerà da Malone che il più delle volte, nel loro mestiere, è impossibile agire sempre secondo le regole. Nel frattempo, la storia diventa più complicata quando Malone e il suo partner vengono coinvolti in un complotto terroristico.
Lo strano vizio della signora Wardh (Sergio Martino, 1971): Julie Wardh è vittima di persecuzioni da parte di un maniaco sessuale. Nella sua storia si inseriscono anche la sua migliore amica, Carol, e un affascinante amante. Dopo varie minacce, Carol viene uccisa. C’è da capire, ora, chi e perché continua a perseguitare Julie.
Maschera di cera (Sergio Stivaletti, 1997): all’inizio del Novecento, un’intera famiglia viene sterminata. Sopravvive solo una bambina, la quale, vent’anni dopo, diventa una brava stilista che tenta in tutti i modi di entrare a lavorare come costumista nel museo delle cere di Roma. Peccato che proprio lì si nasconda il segreto delle morti dei suoi cari, insieme a un folle ossessionato dalle statue di cera e deciso a tutto pur di raggiungere la perfezione nelle sue opere.
Mio caro assassino (Tonino Valerii, 1972): un detective viene ritrovato con la testa mozzata da una ruspa. Si tratta di una morte sospetta, ne è convinto il commissario Peretti. Infatti, scoprirà che il detective stava compiendo delle indagini su un caso di molti anni prima, quando una ragazza era stata rapita e al padre richiesto un riscatto. Al momento del pagamento, però, anche il genitore era stato sequestrato e lasciato morire con la figlia in un bunker. Cosa aveva scoperto l’investigatore e perché è stato ucciso?