La storia (vera) di Armida Miserere inizia in un giorno di maggio alla fine degli anni Cinquanta, quando nasce in Puglia da genitori molisani. Figlia di un militare, cresce nell’ordine e nella disciplina e a nemmeno trent’anni, con in tasca una laurea in criminologia, comincia la sua carriera, che la renderà famosa in tutta Italia, come direttrice di alcuni dei più grossi penitenziari del paese. Di lei racconta Marco Simon Puccioni in Come il vento, film in cui è Valeria Golino a prestare il volto alla Miserere. Una donna dura, intransigente, temuta sebbene rispettata; ma anche “donna” nel senso più intimo del termine, amata e che ama Umberto (Filippo Timi), educatore carcerario.
Umberto rappresenta una vita fuori dal carcere, perché lì sono anni duri. Quando la Miserere entra per la prima volta in un istituto di detenzione siamo a metà degli anni Ottanta: tempi difficili, quelli degli attentati mafiosi e del terrorismo e, proprio per questo, Armida cerca nel rapporto con Umberto un’evasione dal quotidiano, un’esistenza parallela eppure distinta, capace di regalarle gioia e una parvenza di normalità. Ma un giorno Umberto viene ucciso in un agguato di stampo camorristico. Siamo all’inizio degli anni Novanta: chi sono i mandanti la Miserere lo sa, o quantomeno lo sospetta. Eppure per undici anni i responsabili non saranno mai individuati. Solo nel 2001 gli assassini avranno un volto e un nome, ma non per il singolo caso di Umberto, bensì nell’ambito di un’inchiesta contro la camorra a Milano.
Nel frattempo qualcosa si è spezzato in Armida: undici anni sono troppi per avere giustizia, soprattutto quando la verità è lì, davanti agli occhi. Nessuno l’ascolta e l’iron lady delle carceri diventa sempre più amareggiata e delusa, pur continuando nella sua battaglia nelle prigioni e per il compagno defunto. Come il vento tenta di mettere in secondo piano il contesto storico e sociale in cui si svolge l’azione, pur servendosene come cornice entro cui amplificare la vicenda privata della sua protagonista. I riflettori sono tutti su di lei, su Armida e la sua tragedia, perché c’è un tempo per tutto: un tempo per la forza, la determinazione e il coraggio e uno per il dolore, la rassegnazione e la sconfitta. Anche per Armida arriva il momento della resa finale quando, dopo l’inizio del maxiprocesso, il rinvio a giudizio alla Prima Corte d’Assise viene fissato a maggio 2003. Ad aprile di quell’anno, Armida sceglie di compiere un gesto estremo e definitivo. Miserere: un nome, un destino.