È morta all’Aurelia Hospital di Roma l’attrice e ballerina di danza del ventre turca Aiché Nanà. Il suo nome non dirà molto ai più, ma ha svolto un ruolo chiave per la genesi di quello che è considerato uno dei capolavori del cinema mondiale, La dolce vita di Federico Fellini.
Facciamo un passo indietro. Roma, 5 novembre 1958. Al Rugantino, uno dei ristoranti più “in” di Trastevere, si festeggia il compleanno della contessina Olghina di Robilant. Tra gli invitati, tanti personaggi dello sport, della politica, della cultura, del cinema. C’era anche Enrico Lucherini, il famoso press agent: «mi ricordo la Ekberg che ballava il cha cha cha a piedi nudi, e poi Luca Ronconi, Laura Betti… C’erano più di cento persone», racconta oggi a Repubblica.
A un certo punto, ricorda Lucherini, arriva la poco più che ventenne Aiché Nanà, accompagnata da quello che probabilmente era il produttore Sergio Pastore: «L’atmosfera s’era fatta molto brillante, si scherzava, si ballava sui tavoli, c’era la Roman New Orleans Jazz Band che suonava, alcuni invitati cominciarono a buttare per terra le loro giacche e Aiché si produsse in una danza del ventre molto bella, sensuale, audace. Prima fece volare via i sandali, poi pian piano si sfilò l’abito, la sottoveste, il reggiseno. Era la prima volta che in una festa privata succedeva una cosa del genere. La festeggiata, Olghina, era molto scocciata, non le piacque affatto quel che stava accadendo. Io mi divertivo come un pazzo». Alla fine, qualcuno chiamò la polizia e la festa finì (“dolce vita” o no, l’Italia era pur sempre governata dai democristiani).
Tazio Secchiaroli, il paparazzo considerato un po’ il simbolo della “dolce vita” romana di quegli anni, fece comunque in tempo ad immortalare lo spogliarello: le foto furono pubblicate da L’Espresso, suscitando grande scandalo. La vicenda ebbe anche uno strascico giudiziario (da cui la Nanà uscì comunque indenne), ma soprattutto fu citata da Federico Fellini ne La dolce vita:
L’episodio segnò profondamente la vita di Aiché Nanà. Alla riprovazione morale dei benpensanti sui pricipali giornali («Squallida la vicenda, squallidi i protagonisti» scrisse Epoca), si aggiusero anche i guai professionali: le fu annullato un contratto per un film con Vittorio De Sica e fu espulsa dall’Italia. «Mi hanno drogata, mi hanno fatto bere molto, mi ha invasa una sorta di euforica frenesia», spiegò l’attrice al processo, nel 1960. Nello stesso anno annunciò anche una conversione al cattolicesimo, ma niente, l’ombra di quello scandalo la seguiva sempre.
La carriera di attrice della Nanà non decollò mai: tra le sue pellicole (una dozzina), spicca soprattutto I nuovi mostri. Accanto a questo, titoli come Prostitution e Porco mondo. Nel 2008, inoltre, Aiché intraprese un’azione giudiziaria contro la fiction di Canale 5 Vita da paparazzo, che rievocò ancora una volta l’episodio: il regista, Pierfrancesco Pingitore, fu denunciato per diffamazione e la Nanà chiese anche 500mila euro di risarcimento nel caso la scena non venisse tagliata. Per la cronaca, Pingitore è stato assolto da poco.
L’attrice, che a febbraio avrebbe compiuto 78 anni, si è spenta a seguito delle complicazioni di una patologia da cui soffriva da tempo. Della sua scomparsa ne ha dato notizia il suo avvocato, Giuseppe Torcicollo, che ha sottolineato come «il dolore dovuto alla sconfitta legale abbia contribuito all’aggravarsi delle sue condizioni».