La famiglia è uno dei bersagli prediletti del cinema. Coacervo di affetti e solidarietà ma anche di tensioni, risentimenti e ipocrisie, anche il nucleo famigliare protagonista de I segreti di Osage County non ha nulla da invidiare alle tipiche famiglie disfunzionali raccontate sul grande schermo (dal Padrino a Festen di Thomas Vinterberg).
La pellicola di John Wells, esperto produttore tv USA, già dietro la macchina da presa per The company man, prende le mosse da un grave fatto: la scomparsa del padre, Beverly Weston (Sam Shepard), un poeta un tempo di talento ora semplicemente “ex” e alcolizzato. Sua moglie, Violet (Meryl Streep), ha un cancro alla bocca e annega i dispiaceri negli psicofarmaci. Dopo la sparizione di Beverly, la donna chiama a sé tutta la famiglia. In primis le tre figlie. C’è Ivy (Julianne Nicholson), la più piccola, l’unica che viva ad Osage County. Poi c’è Barbara (Julia Roberts), la più anziana, che dalla madre ha ereditato il carattere forte. Barbara è sposata con Bill (Ewan McGregor), il loro matrimonio è in crisi, ma fanno lo sforzo di sembrare uniti per non dispiacere a Violet. E infine c’è la scapestrata Karen (Juliette Lewis), che si presenta ad Osage County con l’ultimo di una lunga schiera di fidanzati (Dermot Mulroney).
Il soggiorno, ovviamente, è fonte di attriti, i quali fanno saltare piano piano il tappo dell’ipocrisia. Il procedimento, insomma, è quello tipicamente teatrale: dei personaggi dalle esistenze più o meno disastrate a causa di una serie di traumi inevasi che, messi a confronto “forzato” l’uno con l’altro in uno spazio chiuso, lasciano emergere tutto lo sporco. Non è un caso, ovviamente: la sceneggiatura de I segreti di Osage County la firma Tracy Letts, che ha riadattato per l’occasione un suo dramma premiato con il Pulitzer.
Tuttavia, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, il film di Wells ha una sua “dignità” cinematografica. Non è semplicemente una sequenza di piani statici cuciti insieme da una manciata di battute verbose: ha una sua dinamicità, un suo senso del ritmo, una sua vitalità. Oltre al mix di toni (dal drammatico al comico, con punte di grottesco), il film è interessante anche per la contrapposizione sotterranea tra gli interni (la magione di famiglia) e gli esterni (le splendide campagne dell’Oklahoma).
Dal crescendo isterico messo in piedi da Wells non se ne esce mai del tutto: chi abbandona la casa (e lo faranno quasi tutti) va incontro ad un futuro tutt’altro che certo. Il giocattolo è rotto, insomma, questa è la morale: presa di coscienza o meno, a questi personaggi rimangono sempre troppe ferite da leccare.