Lo chiamano “found footage”, il “filmato ritrovato”, ed è un espediente vecchio come il cucco. Cinematograficamente risale nientemeno che al cultissimo italiano Cannibal holocaust di Ruggero Deodato (1980), ma si può dire che le sue radici vadano persino oltre il cinema, ricollegandosi al meccanismo del manoscritto ritrovato (ricordate I promessi sposi di Manzoni?).
Insomma, nel 2007, quando fece la sua comparsa nei cinema Paranormal activity, la novità dell’operazione era pari a zero, soprattutto perché nel 1999 c’era stato The Blair witch project, che aveva popolarizzato il genere anche grazie ad un uso sapientissimo (e quello sì moderno) del marketing. Per di più, la pellicola di Oren Peli era piuttosto scialba, buona per un pubblico alla ricerca dello spavento grossolano. Lo stesso che, con Il Segnato (aka Paranormal activity: the marked ones), trascorrerà presumibilmente 84 minuti di divertimento.
Tutti gli altri, invece, usciranno storditi dal finale urlato e confusissimo, e prima ancora annoiati dalla prevedibilità dell’insieme. Del resto, dopo tre (3) sequel e uno spin-off non ufficiale (Paranormal activity: Tokio night) e un altro capitolo in preparazione, inventarsi qualcosa di nuovo è una pretesa assurda. Il Segnato magari qualche spunto interessante alla base ce l’ha: l’ambientazione nella comunità latinoamericana, la magia nera che lentamente si fa strada nella quotidianità del protagonista, Jesse, “marchiato” dal morso di una strega. Tuttavia, si tratta di spunti che l’adozione dello schema del “found footage” depotenzia.
Il succo de Il Segnato è sempre lì, nella camera a mano perennemente traballante, brandita istericamente in ogni secondo, anche in quelli in cui sarebbe più opportuno fuggire a gambe levate. Si genera così uno spavento che è puramente meccanico, forzato. La storia va a farsi benedire, i personaggi non contano (gli attori sono i soliti sconosciuti prelevati dal mondo della tv), la regia non esiste (l’anonimo Christopher Landon). C’è solo questo taglia e cuci di riprese finto amatoriali che dovrebbe essere probabilmente la denuncia di una cultura voyeuristica, in cui il guardare si è sostituito all’agire, e che invece si trasforma in un espediente di comodo per tenere i costi di produzione bassi ed offrire allo spettatore quello che già sa, che già conosce.
Il Segnato non è buono neppure per gli appassionati d’horror, solo per quelli che al cinema chiedono un lungo spavento ininterrotto, niente storia, solo l’emozione del brivido. Qualcosa di molto simile ad una scarica di adrenalina per combattere la noia tra un video di YouTube e l’altro.