Come vi abbiamo raccontato, ieri sera Masha Alyokhina e Nadia Tolokonnikova, le componenti del collettivo punk femminista Pussy Riot, arrestate lo il 21 febbraio 2012 per aver celebrato una messa punk contro Putin ed ora libere, hanno partecipato all’evento pro diritti umani Bringing Human Rights Home di Anmesty International, a New York. Qualche ora prima del concerto, però, altre componenti delle Pussy Riot (rimaste anonime) hanno diffuso sul loro blog una lettera in cui annunciavano che Masha e Nadia non fanno più parte del collettivo.
«Ci fa molto piacere che Masha e Nadia siano state scarcerate. Siamo orgogliose della loro resistenza alla dura prova affrontata, e la loro determinazione per noi significa continuare la battaglia che hanno intrapreso durante il loro soggiorno nelle colonie», si legge nel testo. Tuttavia, «si sono lasciate così trasportare dal problema della condizione delle prigioni russe che hanno completamente dimenticato le aspirazioni e gli ideali del nostro gruppo – femminismo, separatismo, resistenza, lotta contro l’autoritarismo e il culto della personalità, tutte cose che sono state la causa della loro punizione ingiusta».
(Yekaterina Samutsevich, con la Tolokonnikova e la Alekhina durante il processo: la Samutsevich è stata liberata per prima)
Nel corso della lettera, le componenti delle Pussy Riot fanno anche sapere che Masha e Nadia hanno rifiutato di mettersi in contatto con loro, ed hanno espresso frustrazione per il fatto che i media si riferiscano continuamente alla Alyokhina e alla Tolokonnikova come due Pussy Riot. In questo senso, l’apparizione al concerto di Amnesty International è stata «l’apoteosi del fraintendimento». Sostanzialmente, l’accusa che le autrici della lettera muovono agli organizzatori della serata è di aver inserito in cartellone il nome “Pussy Riot” semplicemente per vendere biglietti. «Tutto questo è in totale contraddizione con i principi del collettivo delle Pussy Riot», tanto più che sul manifesto il nome “Pussy Riot” compariva sotto la sagoma di un uomo con una balaclava e una chitarra elettrica. «Siamo un collettivo di donne separatiste – nessun uomo può rappresentarci, in un poster come nella realtà», si legge nel comunicato.
In più, afferma la nota, le performance del collettivo sono sempre state illegali, gratuite, il materiale video è sempre stato distrubuito senza restrizioni di sorta. Tutte le componenti sono inoltre a volto coperto per scongiurare gerarchie basate sull’età o l’aspetto fisico e culti della personalità. Insomma, tutto l’opposto di quello che Tolokonnikova e Alyokhina sono diventate in questo periodo. «Mescolare l’immagine da punk femministe ribelli con quella di difensori istituzionali dei diritti dei prigionieri è dannoso per noi come collettivo e per lo stesso ruolo che Nadia e Masha hanno assunto».
Da qui, insomma, la decisione di espellere dal collettivo le due, ma rintuzzando la polemica: «Sì, abbiamo perso due amiche, due compagne d’ideologia, ma il mondo ha acquisito due coraggiose, interessanti e controverse paladine dei dirri umani». «Apprezziamo la loro scelta e gli auguriamo sinceramente tutto il meglio per la loro nuova carriera».
Tutto questo non ha ovviamente impedito a Masha e Nadia di salire sul palco del Barclays Center di New York, dove hanno ricordato gli arresti di alcuni attivisti anti-Putin il 6 maggio del 2012: la legge d’amnistia del 18 dicembre 2013 e una grazia presidenziale hanno consentito la scarcerazione di sette prigionieri ma altri rimangono in carcere. «Questa è la nostra ultima possibilità di dirgli qualcosa prima che siano spediti in carcere per cinque o sei anni», hanno detto Masha e Nadia (con l’aiuto di un traduttore).
Ad introdurle è stata Madonna, che ha ricordato come in Russia i cittadini non abbiano la possibilità di criticare il proprio governo. «È tempo che il resto del mondo sia coraggioso come le Pussy Riot», ha detto la candante. Ecco il video: