Che fa l’Italia ai tempi della crisi? Lavora di fantasia, si arrangia, cerca strade nuove. Come quelle battute da Sydney Sibilia, salernitano esordiente dietro la macchina da presa, che la vocazione cosmopolita ce l’ha scritta sin nel nome. Smetto quando voglio è I soliti ignoti o La banda degli onesti aggiornati all’epoca di Breaking bad, è la commedia all’italiana “classica” che dismette il bianco e nero per il colori acidi di un film di Harmony Korine, è la rivincita di un talento nostrano sul provincialismo del cinepanettone, un modo come un altro per dimostrare che non bisogna infarcire i film di comici di “grido” e subrette scosciate per far ridere.
L’America di Ocean’s eleven, seppure in minore, ce l’abbiamo anche da noi. Solo che al posto di George Clooney c’è Edoardo Leo, alias Pietro, geniale neurobiologo trentasettenne che si accontenta di un posticino da ricercatore, fino a quando i tagli all’istruzione non lo sbattono in mezzo ad una strada. E come si fa con il mutuo, le bollette, la spesa, una fidanzata, quando anche la “fuga del cervello” è utopia? Non resta che il crimine: come Walter White, Pietro progetta di adoperare la sua scienza per sintetizzare una nuova droga.
(la “banda degli onesti”…)
Per farlo, però, ha bisogno di aiuto. E allora mette insieme una banda, composta da quelli che anni di sistematico rifiuto della meritocrazia e di tagli all’istruzione hanno relegato ai margini. Sono latinisti costretti a fare i benzinai (Valerio Aprea e Lorenzo Lavia), economisti che si son dati al poker (Libero De Rienzo), antropologi alla disperata ricerca di un posto da manovali (Pietro Sermonti), archeologi sfruttati dall’università (Paolo Calabresi), chimici lavapiatti che aspirano a un posto da camerieri (Stefano Fresi).
I nostri cercano la loro rivincita, vogliono riprendersi quello che meritano, e così cominciano a spacciare, ma sono pur sempre dei poveri nerd, come quelli di The big bang theory, e dunque finiscono col combinare disastri. Ma non è un dramma: se Smetto quando voglio ha un pregio, è proprio quello di non piangersi addosso, esattamente come i suoi protagonisti. Rifiuta tanto i cliché pecorecci che hanno fiaccato le commedie dei presunti discepoli di Monicelli e Risi, quanto la noia del moralismo o le pretese sociopolitiche. Smetto quando voglio è una commedia, fa ridere, stop.
Sibilia, in un’intervista, ha dichiarato di aver voluto onorare la promessa che il regista fa implicitamente allo spettatore quando gli chiede di spendere otto euro di biglietto del cinema. C’è riuscito con un film brillante, recitato benissimo da tutti (inclusa la Solarino, fidanzata di Piero), che se da un lato cita e guarda oltreoceano, dall’altro proprio grazie a questo restyling conferma la bontà di una formula – quella della commedia all’italiana, fatta di cinici e cialtroni dal cuore buono – che i tempi (putroppo) rendono ancora attuale.