Robert Stromberg – Maleficent

Sarà per la crisi, sarà che di fronte alle difficoltà del presente e le incertezze del futuro viene sempre naturale chiudere gli occhi e immaginarsi bambino, fatto sta che negli ultimi anni Hollywood ha saccheggiato ampiamente il repertorio del fantastico. Al di là dei vampiri di Twilight, dell’epica teen (ma non troppo) di Hunger Games, delle metafore sul potere e l’amicizia de Il signore degli anelli e del “romanzo di formazione” di Harry Potter, la fabbrica dei sogni (di celluloide) si è ricongiunta con quello che è il genere letterario per eccellenza: la fiaba. E così, dopo il successo dei vari Hansel & Gretel in versione action (o tossica), Cappuccetto rosso sangue & co., tutti rigorosamente “live action”, ecco un nuovo capitolo dell’incursione di Hollywood nel mondo di streghe, belle sventurate e principi impavidi: Maleficent.

 

 

La storia è quella di Malefica, un tempo bellissima fata a capo di un regno di creature incantate (la Brughiera) poi strega cattiva e gonfia di vendetta per il tradimento dell’amato Stefano. Questi una notte le taglia le ali per far credere al Re Enrico (alla cui corte vive) di averla uccisa e poterne, come da promessa, ereditare il regno. Malefica, resa furiosa dalla rabbia e dal dolore, erige una barriera di rovi tra la Brughiera e il mondo degli umani e lancia un anatema contro la piccola Aurora, figlia di Stefano (nel frattempo diventato re): il giorno del suo sedicesimo anno di età, si pungerà il dito con un fuso e cadrà in un sonno profondissimo, dal quale potrà svegliarla solo il bacio di una persona che l’ama.

 

 

La sceneggiatura, firmata da Paul Dini, Linda Woolverton e John Lee Hancock, parte dunque da La bella addormentata nel bosco (che la Disney aveva già trasposto al cinema nel 1959) per poi stravolgerlo. L’obiettivo era cimentarsi, complice la regia di Robert Stromberg (scenografo ed esperto di effetti speciali), in un’operazione di restyling visivo e concettuale. Così, l’estetica della pellicola è decisamente dark ma in un modo raffinato, elegante, non troppo spaventoso; allo stesso modo, Malefica, interpretata da una Angelina Jolie semplicemente splendida, è sì cattiva ma non terribile. In lei convivono ben fusi i tratti della Madre e quelli della Matrigna/Strega Cattiva, ovvero gli archetipi fondamentali della fiaba.

 

Volendo, uno potrebbe pure insistere sull’interpretazione di Maleficent in una chiave tra lo psicanalitico e il metalinguistico, ma la verità è che quello di Stromberg è “semplicemente” un gran bello spettacolo, come la Disney sa fare (e forse non faceva da tempo – almeno per quanto riguarda il “live action”). Insomma è uno di quei rari casi in cui il remake (o comunque la ripresa di un filone narrativo) aggiunge qualcosa in più ad una storia raccontata da tempo immemore. Non era facile, ma con dei professionisti del genere e una Angelina Jolie così, tutto è possibile.

 

 

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