Steven Knight – Locke

Ivan Locke è al volante della sua auto, in una notte come tante altre. Ma quella non è esattamente una notte qualsiasi. Ivan Locke è impiegato nell’edilizia: per anni è stato un lavoratore serio e scrupoloso e ora si trova a una svolta della sua carriera. Eppure succede qualcosa di sconvolgente, una telefonata che cambierà per sempre la sua vita, non solo quella professionale. Prima di quella chiamata, Ivan Locke era un uomo con una famiglia e un ottimo lavoro, mentre adesso tutto rischia di crollargli addosso.

È la seconda volta, dopo Redemption, che Steven Knigh torna dietro la macchina da presa. Come sceneggiatore ha lavorato per registi come Stephen Frears e David Cronenberg, e con questo Locke ha dimostrato di sapere maneggiare in modo estremamente sapiente il materiale cinematografico, realizzando un’opera in tempo reale, con uno straordinario Tom Hardy che regge sulle sue spalle l’intera azione, mentre la macchina da presa non stacca mai. Tom Hardy è un attore da tenere d’occhio, anche se alle spalle ha già una carriera di tutto rispetto (formidabile Bronson nell’omonima pellicola di Nicolas Winding Refn e truce Bane in Il cavaliere oscuro. Il ritorno – doppiaggio italiano particolarmente azzeccato, grazie a Filippo Timi). L’attore britannico conferma le sue eccellenti capacità interpretative, perché non è facile gestire da solo tutta la tensione emotiva della pellicola, per quasi novanta minuti, senza mai cedimenti, né momenti di noia.

 

Ivan Locke è un uomo come tanti, uno di quelli che lavorano duro per guadagnarsi uno stile di vita agiato. Eppure basta poco perché la quotidianità venga spazzata via, lasciando il posto all’inquietudine e alla paura: dopo quella fatidica notte la vita di Locke si sgretola come un edificio dalle fondamenta poco solide, mentre l’attenzione dello spettatore è tutta concentrata sulle cause che stanno distruggendo un’esistenza apparentemente impeccabile e priva di ombre. Eppure, tutti hanno degli scheletri nell’armadio, anche l’irreprensibile Locke: l’abitacolo della sua auto diventa una claustrofobica prigione che sembra non avere vie di fuga, mentre Hardy riesce ad imprimere nel volto tirato del suo personaggio una miriade di emozioni contrastanti, perché le scelte che Ivan Locke sarà costretto a compiere nel corso del film sono volte a dimostrare agli altri e a se stesso di essere un Uomo, con la “u” maiuscola, che sa distinguere ciò che è giusto da ciò che è mero opportunismo e interesse individuale.

Per Locke il pericolo più grande era quello di risultare noioso: in effetti, si sta parlando di un’ora e mezza sempre nello stesso luogo, in unica compagnia di Ivan Locke, che se ne sta sempre al telefono, a parlare con interlocutori invisibili. Eppure, dietro a questo operaio edile c’è una storia solo all’apparenza minimalista: in realtà, quello di Locke è un dramma intenso ed appassionante, di un uomo disposto a pagare per le sue colpe e pronto ad assumersi delle responsabilità pesanti, per un solo e singolo errore commesso in passato, anche se questo significa perdere il suo lavoro e la sua famiglia. Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia fuori concorso, Locke è stato senz’altro uno dei film più interessanti in cartellone alla rassegna: siamo certi che se avesse gareggiato si sarebbe di sicuro portato a casa qualche premio. Quantomeno un riconoscimento per il bravissimo Hardy.

 

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