Questione di giorni: YouTube ha intenzione di bloccare i video delle etichette indipendenti. In pratica, tra un po’ potreste non vedere i video di artisti come i Radiohead, gli Arctic Monkeys, Jack White o Adele. Il motivo riguarda i contrasti che dividono il colosso dello streaming video, di proprietà di Google, e le case discografiche indie, contrasti legati alle condizioni economiche delle licenze relative ad un nuovo servizio in abbonamento, che YouTube starebbe per approntare.
La querelle risale allo scorso maggio. Mentre YouTube dichiarava di aver trovato un accordo con tutte le major, le label più piccole diffondevano un comunicato stampa (tramite l’organizzazione Worldwide Independent Records, che riunisce diversi gruppi di etichette) con cui accusavano proprio YouTube di averle sottoposte ad un ricatto, ovvero ad un contratto non negoziabile. Insomma, irricevibile.
Ora, Robert Kyncl, il responsabile contenuti e business operations di YouTube, fa sapere al Financial Times che il tempo è scaduto, e che la piattaforma è pronta a bloccare i video delle etichette che non hanno firmato il contratto entro pochi giorni. Kyncl afferma che YouTube ha raggiunto un accordo con il 90% dell’industria musicale: «Anche se vorremmo poter raggiungere un tasso di successo del 100 per cento, ci rendiamo conto che non è un obbiettivo raggiungibile ed è nostra responsabilità nei confronti degli utenti e del’industria lanciare un servizio che migliora l’esperienza musicale», ha spiegato Kyncl.
Il nuovo servizio a pagamento permetterà, tra le altre cose, di ascoltare musica anche offline e soprattutto senza interruzioni pubblicitarie, in cambio di un canone mensile. Le prime prove cominceranno nei prossimi giorni: YouTube potrà così verificare l’eventuale presenza di bug prima di rendere il servizio disponibile agli utenti entro la fine dell’estate.
YouTube si prepara dunque a dichiarare guerra ai colossi dello streaming musicale, da Spotify a iTunes Radio, forte del suo miliardo di utenti mensili. Ad ogni modo, la decisione di bloccare i video delle etichette indie, se dovesse verificarsi, avrebbe il sapore di un paradosso, soprattutto in considerazione delle origini della popolare piattaforma di streaming, fondata nel 2005 e pensata come un luogo in cui poter pubblicare video liberamente, anche a scapito del diritto d’autore. Insomma, quella che è in atto sembra essere una vera e propria svolta epocale.