Ricordate, qualche giorno fa vi avevamo dato la notizia che l’Infinito di Giacomo Leopardi sarebbe presto finito all’asta per 150 mila euro. Una notizia che ha subito avuto un forte eco mediatico nel mondo culturale, tanto che la regione Marche aveva annunciato l’intenzione di fare un appello al Mibact in modo che il manoscritto non finisse in mano di privati.
C’è, tuttavia, chi dubita dell’autenticità del testo, o, meglio, chiede a gran voce maggiori approfondimenti per stabilirla in modo inequivocabile: si tratta di un antenato dello stesso poeta, Vanni Leopardi, che sulla Stampa ha detto: «Elenco soltanto alcune delle ragioni che a mio avviso invitano alla cautela. La prima è che pur esistendo un preciso elenco delle opere di Giacomo possedute dai Leopardi, e un preciso elenco di quelle donate dai fratelli del poeta con copiatura del documento ceduto qualora non ancora pubblicato, non risulta mai entrata una copia de L’infinito in questa raccolta.
Un altro dubbio riguarda il fatto che questo foglio viene spedito per posta senza nessuna protezione esterna, piegato come plico e quindi imbrattato dal timbro prefilatelico. Questo timbro poi non sembra coevo alla data di spedizione indicata dagli studiosi. Ancora, è strano che, secondo la ricostruzione proposta, questo testo abbia fatto capolino in una cartella di negozio dell’avvocato Matteucci, legale di Teresa Teia, moglie di Carlo Leopardi, poi se ne siano perse le tracce. Com’è possibile che un autografo così importante sia abbandonato nel faldone dell’avvocato di famiglia e mai recuperato dai Leopardi?
Infine vorrei dire che non è la prima volta che mi capita di vedere testi del tutto simili a quello di cui discutiamo, con le stesse scansioni e sillabazioni del testo. È possibile che si tratti di una copia, fatta non per motivi di frode, ma semplicemente per riprodurre un documento identico all’originale in un’epoca in cui non esistevano le fotocopiatrici».
A questo link l’appello completo, che invita ad ulteriori accertamenti. Una richiesta che sembra avere dato i suoi frutti: il manoscritto è stato ritirato dall’asta, per essere sottoposto ad altre analisi. Lo ha reso noto l’assessore alla Cultura delle Marche, Pietro Marcolini.