Dopo l’ottima risposta di pubblico ottenuta da Suspiria, la parabola del successo di Dario Argento sembra essere giunta al culmine. Phenomena si colloca ancora tra i film più interessanti di Argento, pur segnando un punto di confine con il successivo declino artistico. Non ci si aspetti un qualche salto di qualità: punto di forza del regista è, ancora una volta, la capacità di creare atmosfere a metà tra l’onirico ed il surreale, alle quali si aggiunge l’elemento splatter che anche qui non manca. In questo senso, con Phenomena il regista torna sui binari di Suspiria e Inferno, essendo il film tutto costruito attorno alla solita figura di adolescente fragile alle prese con il killer di turno in un ambiente straniero e ostile.
Protagonista è Jennifer (una quattordicenne Jennifer Connelly), giovane americana mandata dal padre presso un collegio femminile in Svizzera. Per la scuola girano voci riguardo un assassino e alcune ragazze sono infatti ritrovate morte nelle vicinanze: tra queste la compagna di stanza di Jennifer, uccisa sotto i suoi occhi mentre vagava sonnambula di notte. Jennifer è infatti una ragazza non del tutto “normale”: oltre al sonnambulismo possiede una strana affinità con gli insetti, che sembrano comunicare con lei e sentirne le emozioni. È questa sua caratteristica a farle conoscere John McGregor (Donald Pleasance), entomologo contattato dalla polizia come aiuto nella risoluzione degli omicidi.
Il professore sostiene infatti di poter risalire all’istante di morte delle vittime grazie agli insetti, in particolare la mosca sarcofaga, capace di percepire l’odore di un cadavere da grandi distanze e con precisione. Con l’aiuto della mosca Jennifer si appoggia a lui per risolvere il mistero degli omicidi, apparentemente compiuti da un necrofilo: un guanto dell’assassino rinvenuto da Jennifer si rivela infestato da larve di sarcofaga.
Le similarità con Suspiria sono evidenti: la clausura del collegio, la diabolicità degli adulti (che qui ha il suo fulcro nell’interpretazione di Daria Nicolodi) e l’acidità delle compagne, un elemento quest’ultimo che spinge Argento a costruire un personaggio vittima di aperta discriminazione (perché appunto “paranormale”), introducendo un senso di fastidiosa xenofobia nel film, alla quale lo spettatore partecipa quando si presenta infine la figura dell’assassino, la cui rivelazione è uno dei migliori colpi di scena del cinema argentiano. L’estetica non richiama invece la forte saturazione cromatica di Suspiria, eppure l’atmosfera resta onirica e il film assume l’aspetto di una fiaba nera, incentrata sulla battaglia personale del personaggio puro e innocente (costante figura in Argento) alle prese con un male macabro e inizialmente senza volto. Solita nota di merito per le musiche dei Goblin, anche se la scelta di noti temi metal (Iron Maiden) per alcune scene di suspense è stata certo meno appropriata