L’esordio alla regia di Spike Jonze, Essere John Malkovich (2008), è senza dubbio uno di quei film che a pieno diritto entrano nella storia del cinema per la sua originalità. Già dal titolo, lo spettatore può intuire quali siano alcuni dei temi trattati. La trama è incentrata attorno alla vita di un burattinaio fallito di nome Craig Schwartz (John Cusack), il quale decide, forse un pochino tardi, di mettersi a fare un lavoro “serio”. Incappa in un’azienda di personaggi strambi situata in un inquietante «settimo piano e mezzo». Per puro caso, il protagonista scopre in questo strambo edificio, un passaggio segreto che conduce dentro la testa del noto attore John Malkovich, o meglio dentro l’essere in sé (a voler essere filosofi). Craig decide di sfruttare questa stranezza per lucrarci insieme alla sua compagna di lavoro Maxine (Catherine Keener), di cui nel frattempo si è innamorato.
Nello svolgimento della trama, si può notare il tema dell’insoddisfazione dell’americano medio nei confronti della propria vita, in particolar modo attraverso le file di persone disposte ad attendere pur di diventare per un quarto d’ora John Malkovich. Durante il film si crea un triangolo amoroso paradossale, in cui Craig e sua moglie Lotte (Cameron Diaz) s’innamorano entrambi di Maxine. Per soddisfare i loro desideri, i tre usano il corpo di Malkovich come tramite, e quest’ultimo finisce per diventare un oggetto di lucro e piacere. Maxine vuole soltanto un Malkovich posseduto da Lotte; ma Craig, con l’inganno, riesce a possedere il corpo dell’attore proprio durante la pratica sessuale, creando così un doppio inganno. Jonze con questo simpatico espediente, riesce a mescolare subconscio e realtà, verità e rappresentazione, corpo e mente.
Schwartz riesce a impossessarsi definitivamente del corpo di Malkovich e riesce sia a soddisfare i suoi sogni di successo come burattinaio, sfruttando la consolidata fama dell’attore americano, sia ad avere una relazione con la sua amata Maxine. Jonze dimostra insomma che l’uomo non è mai soddisfatto e cerca nell’alterità un probabile “paradiso”, trascurando che invece anche questa soluzione potrebbe essere un “inferno”. Così la vita ricca di successi, come potrebbe esserla quella di un attore, finisce per essere un doppio inganno.
Il film riesce a mescolare perfettamente psicoanalisi, metafisica e sociologia, senza essere noioso. La stessa trama “assurda” di Essere John Malkovich rappresenta uno spunto davvero geniale per mettere in campo argomenti che interessano l’uomo dalla notte dei tempi. Insomma, un connubio perfetto e ben equilibrato, in cui la monotonia del tema di fondo è bilanciata da innumerevoli colpi di scena.