È nato ufficialmente oggi la “Fair Digital Deals Declaration”, un accordo tra 700 etichette discografiche indipendenti volto a rappresentare una sorta di barriera contro gli abusi di compagnie web e servizi di streaming (vedi il caso YouTube) e a garantire trasparenza nei rapporti con gli artisti. All’iniziativa hanno aderito alcune delle label più importanti in circolazione: tra queste, Secretly Canadian, Sub Pop, Domino, Cooking Vinyl, Epitaph, XL Recordings, 4AD, Matador e Rough Trade.
Come riporta Billboard, tutto è partito dal Worldwide Independent Network, un’associazione che riunisce decine e decine di etichette, per garantire un trattamento equo ai loro artisti negli accordi con le piattaforme digitali. Cinque i punti cardine intorno a cui ruota la dichiarazione: trasparenza nei confronti dei musicisti per quanto riguarda gli accordi e le royalty; la corresponzione agli artisti di una quota forfettaria per tutti quegli introiti che non derivano da registrazioni o esecuzioni specifiche; la promozione di uno standard di informazione più elevato da parte dei servizi digitali circa la monetizzazione della musica degli artisti; supporto legale agli artisti che denunciano un uso non autorizzato della loro musica; supporto a tutto il settore delle etichette indipendenti.
Il Worldwide Independent Network ha inoltre emanato un “Global Independent Manifesto”, una carta in dieci punti che ruotano intorno ad una richiesta di equità nel mondo della musica, il che significa per esempio diritti d’autore delle label indie essere allineati a quelli delle major e una maggior trasparenza per tutto il settore digitale, inclusa l’abilità di negoziare i termini dei contratti con operatori terzi. Esattamente quello che, mesi fa, non è accaduto con YouTube, che pretendeva di imporre alle etichette indipendenti un contratto, legato ad un nuovo servizio di streaming a pagamento, senza che queste potessero in nessun modo discuterlo.
Alison Wenham, chaiman della WIN, ha lanciato un appello affinché all’iniziativa aderiscano altre case discografiche. Per la Wenham, “occorre mettere un freno alla pratica di dirottare fatturato dagli artisti senza che questi siano parte del business”.