Phil Lord, Chris Miller – 22 Jump Street

Ad Hollywood c’è una lunga tradizione di film che possono essere inseriti in quello che viene comunemente chiamato il filone dei “buddy cop movie”, ovvero film più o meno seri incentrati su una coppia di poliziotti. Dalla semplice operazione commerciale di Starsky & Hutch, alla blaxploitation tamarra di Bad Boys, dalla genuina sfacciataggine anni ’80 di Arma letale, alla variazione al femminile di Corpi da reato, dalla multiculturalità di Rush Hour, alla deriva demenziale di White Chicks.

 

22 Jump Street, sequel del fortunato film del 2012 inaspettato campione di incassi al box office americano, può entrare di diritto a far parte di questa lunga schiera di titoli. Difficilmente però il film della coppia Phil Lord e Chris Miller (registi del precedente capitolo e di The Lego Movie), può essere paragonato a qualsiasi altro appartenente a questo genere cinematografico. Perchè l’unico raffronto possibile può essere fatto solo mischiando l’ironia citazionista di Hot Fuzz e la “bromance” omosex di Superbad, in un intelligente intreccio di parodia, sberleffo e autoironia.

 

 

Non c’è un attimo di pausa nel film, i tempi sono perfetti, i protagonisti affiatati e divertenti (Channing Tatum e Jonah Hill), i registi dosano al meglio azione e comicità, le citazioni non sono mai invadenti e ci sono molte battute squisitamente politically incorrect (merito della sintesi in fase di scrittura di Michael Bacall, sceneggiatore di Scott Pilgrim vs. the World). E allora cos’è che non va? C’è che seppur il manifesto conclamato del film sia quello di non prenderlo troppo sul serio e la satira sull’industria cinematografica capace solo di replicare gli stessi modelli sia sempre frizzante, la sceneggiatura è praticamente uguale a 21 Jump Street. La differenza è solo nel cambio di location (dall’High School al College) e nelle dinamiche interne ai due protagonisti (è il personaggio di Tatum ad essere l’idolo di tutti questa volta), per il resto stessa storia di droga, stesso capo arrabbiato, stesso flirt di Hill con una compagna di studi. Troppo poco per un filone sul quale è stato già detto molto, forse tutto quello che c’era da dire e per un film che è sostanzialmente la citazione della parodia della citazione.

 

Un film quindi che nonostante la verve e l’alchimia dei due protagonisti (ormai diventati una delle “coppie” cinematografiche più importanti) e dei titoli di coda eccezionali (rimanete in sala!) non esce dal recinto del “già visto” e che quindi rischia di finire nel dimenticatoio molto presto. Un pò come gli effetti allucinogeni della droga protagonista del primo film: si ride, ci si esalta, ma poi si finisce inevitabilmente con l’addormentarsi.

 

 

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