Un killer mafioso tra i finalisti del Premio Sciascia

«È possibile che un ergastolano che si è macchiato di crimini efferati partecipi a un premio letterario di cui sono stati protagonisti Sciascia, Consolo e Bufalino?». È la domanda che si fa Gaspare Agnello, uno degli storici giurati del Premio Racalmare-Sciascia, il quale si è dimesso dopo che tra i finalisti è approdato anche Malerba, il libro scritto dal giornalista Carmelo Sardo e dal boss Giuseppe Grassonelli, attualmente in carcere con una condanna all’ergastolo.

Malerba, pubblicato da Mondadori, ripercorre la storia di Grassonelli, che negli anni ’80 si trasformò in un sicario mafioso dopo aver assistito al massacro della sua famiglia durante la prima strage di Porto Empedocle. «Quello che videro i miei occhi da ragazzo fu terrifcante: mio nonno, mio zio e altre persone erano stese a terra; i loro corpi versavano in posizioni innaturali, crivellati dai proiettili», ha scritto Grassonelli in una lettera aperta a LaSicilia.it il mese scorso. «Dopo quella sera fu praticamente un tiro al bersaglio contro i miei familiari. […] Ero terrorizzato non soltanto dalle continue uccisioni dei miei cari, ma anche perché non sapevamo a chi di noi fosse toccato, dopo. Come pensate che possa essere possibile vivere una vita così?». Grassonelli oggi dice di credere nello Stato, ma, spiega, «pensavo, allora, che la mafia e lo Stato fossero la stessa cosa». Da qui la decisione di farsi giustizia da sè, diventando uno dei più spietati killer della Stidda. «A voi chiedo di riflettere su quegli anni ‘80, quando dei valorosi magistrati siciliani furono costretti ad abbandonare la Sicilia per potere istruire un processo. A quale Stato avrei dovuto rivolgermi a quello che già scappava per conto suo?».

(la copertina di Malerba: cliccate per maggiori info da Ibs.it)

Tuttavia, sebbene anche nel libro il boss (che non è mai diventato un pentito) affermi di essere cambiato dopo vent’anni di carcere e chiede una seconda opportunità, Agnello resta fermo sulle sue posizioni: «Grassonelli tenta una velata giustificazione delle sue azioni che continua a chiamare atti di guerra e non assassinii di mafia. Ciò lancia una cattiva luce sul libro. E dargli il premio, nato come strumento culturale di riscatto del Sud, ma che da oggi non può più fregiarsi del nome di Sciascia, sarebbe un’offesa alla tante vittime. Che sconfitta per la cultura…».

Alle dichiarazioni di Agnello ha replicato Sardo, giornalista del Tg5 e coautore, secondo cui la posizione del giurato «fa denotare da un lato una scarsa comprensione del testo, del suo valore e del suo messaggio, dall’altro una scarsa conoscenza della personalità di Sciascia, dell’attenzione che poneva ai temi legati alla giustizia, alle condanne e al recupero, tanto da far sospettare a chiunque abbia letto i suoi libri e ne conosca filosofia e pensiero che uno come Sciascia sarebbe anzi stato portato ad accogliere di buon grado che un libro come Malerba fosse scelto tra i finalisti di un premio alla sua memoria». Nel frattempo, il presidente della giuria di selezione del premio Racalmare, Gaetano Savatteri, ha rivendicato la scelta dei tre libri finalisti, che sarebbe stata «condivisa da tutta la giuria, compreso Agnello».

Il vincitore del Premio Sciascia sarà proclamato il 31 agosto. Oltre a Malerba, sono candidati anche Piccola Atene di Salvatore Falzone (Barion) ed È così lieve il tuo bacio sulla fronte (Mondadori) di Caterina Chinnici, che ripercorre la storia del padre, Rocco Chinnici, giudice ucciso dalla mafia. Comprensibile, insomma, la polemica, soprattutto considerando la fortissima fede antimafia di Leonardo Sciascia, autore di libri come Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Todo modo. Un caso analogo si verificò nel 2011, quando, tra i candidati al Premio Strega, ci fu anche Il candore delle cornacchie, il libro dell’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, detenuto dal febbraio di quello stesso anno dopo una condanna per favoreggiamento a Cosa Nostra.

Il booktrailer di Malerba:

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