Franco Battiato, in una lunga intervista a Repubblica, ha raccontato il suo nuovo album, Joe Patti’s experimental group, che arriverà nei negozi il 16 settembre. Si tratta di un disco che vedrà il cantautore siciliano alle prese con le sonorità elettroniche sperimentali che ne avevano contraddistinto la prima fase della carriera, in particolare album come Fetus (1972), Pollution (1972) e Sulle corte di Aries (1973).
«Dicono: “Battiato è stato Battiato solo fino al 1975”. Ho chiesto molto a quelli che mi seguono. Per me – spiega il musicista – l’unica cosa che conta nella vita è la parte esistenziale, quella che ti mette alla prova: non mi interessano le conferme, essere rassicurante per il pubblico, dargli quello che vuole. Se fai questo tradisci il tuo ruolo che è quello di fare ciò che interessa a te, non quello che interessa a loro».
Joe Patti’s experimental group è stato realizzato assieme all’ingegnere del suono Pino “Pinaxa” Pischetola. Sì, ma Joe Patti chi è? «Mio zio, fratello di mia madre, immigrato negli Stati Uniti, in Florida, a Pensacola, all’età di vent’anni – risponde Battiato. Diventò ricco aprendo un’impresa, che pescava ed esportava pesce». Il cantautore ammette di averne utilizzato il nome perchè «mi piaceva il suono».
(Franco Battiato alla RAI negli anni ’70)
Nel presentare il disco, lo scorso luglio, Battiato aveva definito il nuovo disco su Facebook «un album di studio dove a farla da padrone sarà la musica elettronica e sperimentale, brani rivisitati e nuovi brani, un viaggio nel suo repertorio di musica sperimentale dagli anni ’70 ad oggi». Tra i materiali recuperati dal passato c’è un frammento di New frontiers, un brano del 1982 contenuto ne L’arca di Noé (uno dei nuovi testi recita «Cancelli / le pareti del cervello / non hanno più finestre / i colori del buio»), una rilettura di Proprietad prohibida (da Clic, del 1974) e un recitato di Inneres auge, un brano risalente all’omonimo disco del 2009 in cui Battiato attaccava il malcostume dell’establishment italiano. «L’ho messo anche in questo disco perché ci sta sempre bene», spiega il cantautore, che aggiunge: «È anche un omaggio a Sgalambro», riferendosi allo storico paroliere, scomparso lo scorso marzo.
Nel corso dell’intervista, Battiato ripercorre anche alcune tappe fondamentali della sua storia live, come un concerto degli anni ’70 al Palalido di Milano, in cui il musicista dette prova di un uso molto creativo del VCS, un sintetizzatore analogico dell’epoca: «Ci saranno state diecimila persone: appena salito sul palco ho iniziato il mio concerto ed erano diecimila fischi; allora ho incominciato a mettere gli oscillatori in frequenze tra i sei e i settemila hertz: il VCS era potentissimo! Alla fine è arrivato Juri [Camisasca, uno storico collaboratore di Battiato, n.d.r.] e mi ha detto: “Eccezionale! Non si capiva se i fischi li facevi tu o il pubblico”. La gente era sconcertata da quei suoni».
La direzione sperimentale di Joe Patti’s experimental group, ovviamente, riguarda anche i nuovi concerti del musicista catanese. Stavolta, però, per prevenire eventuali reazioni negative del pubblico, Battiato ha adottato uno stratagemma: «Prima di iniziare io li avverto: “Avete idea di quello che vi aspetta?”. Loro si mettono a ridere».
L’intervista completa a Franco Battiato su Repubblica potete leggerla qui.