Antonio Fusco è funzionario della Polizia di Stato e Criminologo forense, e dopo le esperienze lavorative a Roma e Napoli, si è trasferito in Toscana, dove si occupa di indagini di polizia giudiziaria. Il suo lavoro riempie le pagine del suo romanzo, Ogni giorno ha il suo male, lasciando però spazio all’umanità, alla comprensione del dolore e alla vita familiare di un commissario, Casabona, che lotta contro la quotidianità del male.
Antonio, Ogni giorno ha il suo male è un libro di delitti e di indagini, Quanto ha contato il tuo lavoro in questa storia, e quando hai capito che era il momento di scriverla?
Il mio lavoro mi ha evitato il ricorso a consulenti esterni e, nel contempo, mi ha consentito di dare ai dialoghi e alle atmosfere quel taglio realistico che è stato molto apprezzato dai lettori. Ho capito che era arrivato il momento giusto per scrivere questa storia quando i personaggi e gli incastri della trama prendevano forma da soli durante la scrittura. Senza forzature, con naturalezza.
Il Commissario Casabona è una persona dura, decisa ma al contempo dotato di grande umanità. Come si riesce, in un lavoro come il tuo, a coniugare freddezza e lucidità con la sensibilità?
Sono doti che deve possedere chiunque voglia far bene una professione d’aiuto. Non solo l’operatore delle forze dell’ordine ma anche il medico, il vigile del fuoco, il soccorso alpino, ecc. Ci vuole sempre freddezza e lucidità nell’azione e la giusta sensibilità per tenere sempre presente il fine ultimo che è quello di aiutare chi è in difficoltà.
Appare evidente la ricerca, nei tuoi personaggi, di questo lato umano, tanto che la vita familiare di Casabona non è parallela alla storia ma ne è parte integrante. Anche qui ti chiedo quanto è difficile tenere separate vita professionale e familiare?
È uno sforzo costante che quasi mai vede un successo pieno. Non a caso nelle forze dell’ordine il tasso di separazioni e divorzi è molto alto e le coppie che resistono di più sono quelle formate da colleghi.
Questo è anche un libro sul tempo e il suo scorrere. L’indagine di Casabona è, appunto, una corsa contro il tempo e spesso ci sono richiami alla giovinezza e agli anni che passano. Che rapporto hai con il passare del tempo e che rapporto hanno con il tempo i tuoi personaggi?
Sono una persona tendenzialmente nostalgica, quindi cerco di vivere il presente e pensare al futuro per non restare intrappolato nella malinconia del passato. Casabona in questo è come me. Lo si capisce bene quando vede arrivare la figlia all’aeroporto con addosso il vecchio cappotto delle moglie e partono i ricordi.
Da un certo punto in poi, nel tuo romanzo, la parola chiave sembra essere “precarietà”. Il male ha davvero il potere di rendere tutto incerto?
La vita stessa è “precarietà”. Una fuga destinata a concludersi con un fallimento. Un volo dalla traiettoria di una parabola inevitabilmente discendente.
Ti chiedo un’ultima riflessione sul rapporto tra la quotidianità e il male, che leghi indissolubilmente alla natura umana…
Il male ha tante forme. Non è solo figlio dell’odio, come la guerra. Ci sono le malattie, le carestie, i disastri naturali. La sfida che deve combattere ogni essere umano nella quotidianità è quella di sfuggire al male se vuole sopravvivere. Perché ogni giorno ha il suo male. Ma ogni giorno muore quando nasce un nuovo giorno. Ed è un giorno in più alle nostre spalle.
