Parliamo di una storia d’amore. A raccontarla è Lars von Trier e già questo ci fa immaginare un amore non proprio convenzionale. Eppure, siamo ancora lontani dai crudi drammi di Nymphomaniac o Antichrist (o quasi, in fondo Lars è sempre Lars): qui c’è il primissimo von Trier, quello del Dogma, che solo due anni più tardi da Le onde del destino realizzerà Idioti, o Dogma #2, di poco successivo a Festen (o Dogma #1) di Thomas Vinterberg.
Le onde del destino racconta la storia di Bess, una ragazza speciale. Speciale nel senso di buona, generosa, ingenua e, soprattutto, direttamente legata a Dio, con il quale si confida. Come spesso accade alle persone “speciali”, anche Bess è vittima dei pregiudizi della sua piccola comunità: tutti cercano di proteggerla, ma nessuno la capisce davvero. La situazione si fa più tesa quando, contro il parere di parenti e amici, Bess decide di sposare Jan, uno straniero che lavora in una piattaforma petrolifera, molto diverso da lei, eppure capace di comprenderla. Il legame tra i due diventa così forte che Bess perde il senso della realtà, legandosi al marito in maniera ossessiva. Quando lui, poi, è costretto a ripartire per motivi di lavoro, Bess supplica Dio di farlo tornare a casa, ad ogni costo. E Jan torna. Ad ogni costo, appunto.
Trama particolarissima, ma trattandosi di von Trier non poteva essere altrimenti. Eppure, qui il regista ha davvero avuto modo di mettere in mostra il suo indubbio talento, quello un po’ offuscato da certe sue note esagerazioni e dal gusto della provocazione fine a se stesso. Tanto per cambiare, il titolo italiano non c’entra nulla con quello originale, che è Breaking the waves: onde cerebrali che uniscono Bess e Jan, in un sentimento autentico e unico, che spingerà la donna a compiere scelte inimmaginabili in nome dell’amore. Von Trier (si) interroga sul senso più profondo del sentimento, di cosa si è disposti a fare per amore e cosa esso realmente sia: per Bess è offrirsi, obbedire, ascoltare, essere accondiscendente, sacrificarsi fino alle estreme conseguenze.
Un rapporto che va oltre ogni umana comprensione e sconfina nella follia (in tal senso, emblematico è l’epilogo): meritato Gran Premio della Giuria a Cannes per von Trier e meritata nomination come migliore attrice agli Oscar per Emily Watson, splendida, estrema e commovente Bess. Così il regista danese racconta la diversità vissuta come un martirio, fino al giorno in cui arriva qualcuno che sa guardare oltre le apparenze: Le onde del destino rappresenta davvero il migliore cinema di von Trier, il quale mette in scena un potente personaggio femminile, che di pochi anni precede un altro carattere assolutamente indimenticabile, la sfortunata protagonista di Dancer in the dark.