Henning Mankell è famosissimo per il suo commissario Wallander, le cui avventure sono state portate sul piccolo schermo in una serie tv inglese con protagonista Kenneth Branagh e una svedese con Krister Henriksson (attualmente trasmessa in Italia su Top Crime).
In una recente intervista di Roberto Brunelli su la Repubblica, Mankell ha parlato del modello (ideale) scandinavo, paragondandolo proprio a una piramide, dove la punta risulta irraggiungibile, ma tutti sono impegnati in un’affannosa scalata. Da anni i Paesi del Nord tentano di raggiungere la maggiore sicurezza sociale possibile, eppure, secondo lo scrittore, anch’essi sono destinati a rallentare. I romanzi di Mankell (come quelli di Larsson) hanno messo in crisi questo modello, ma è anche vero che le economie dei Paesi scandinavi restano più solide che nel resto d’Europa: «Io non sono d’accordo sul fatto che il livello di welfare che si è raggiunto in Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca non possa essere mantenuto. Le restrizioni finanziarie che ci sono state in Europa negli ultimi anni hanno avuto influenza negativa, certo, ma è un fatto che le nostre economie sono rimaste forti e robuste. Anche se oggi c’è una certa inquietudine, la Svezia e gli altri paesi nordici sono ancora alcune delle società più egualitarie e giuste che si possano trovare. Specialmente, tanto per fare un esempio, se si guarda alla situazione dei diritti delle donne. Non vedo alcun rischio che un paese come il mio possa perdere la sua ambizione di tenersi in piedi sulla base della solidarietà: sono gli stessi cittadini che lo vogliono difendere il loro stato sociale».
E se dal Nord piovono accuse agli Stati meridionali, Mankell non condivide tale posizione: «Ho provato vergogna quando ho visto numerosi politici, scrittori ed economisti svedesi gettare addosso a paesi come la Grecia o l’Italia la colpa dei loro problemi. In realtà, siamo tutti responsabili, soprattutto attraverso il comportamento delle banche, nella creazione di questa incredibile devastazione economica a cui stiamo assistendo. Invece di dare maggiore assistenza ai paesi in difficoltà, ci ergiamo a giudici, ma è un controsenso. Non esistono vie di mezzo: o siamo un’Europa unita o non lo siamo».
Qui l’intervista completa su la Repubblica.