Dopo Vorrei star fermo mentre il mondo va (Mondadori 2010), Simone Marcuzzi torna con una storia che cerca di raccontare le complessità delle relazioni, dell’amicizia e dell’amore. In questa intervista parliamo di Dove si va da qui (Fandango) parla di due personaggi non emblematici, ma semplicemente veri, stretti nell’incapacità di programmare il futuro.
Simone, che cosa fa di un ingegnere uno scrittore? E quanto sono utili i calcoli nei rapporti di coppia?
Nel mio caso forse ho iniziato a scrivere nonostante un percorso di studi e professionale di altro tipo per la necessità di ricavarmi uno spazio dove mettere in gioco la mia sensibilità e provare a capire il mondo e le persone che mi stavano vicine. Scrivere è un ottimo esercizio per porsi domande, mettere in dubbio le proprie certezze e fissare pensieri, emozioni, intuizioni. Probabilmente non è altrettanto efficace per trovare risposte, ma non è un fine a cui ambisco, e comunque credo che dare forma a una difficoltà, per così dire a una ferita, sia già un primo passo verso la guarigione. I calcoli difficilmente riescono a essere davvero utili in un rapporto di coppia, ma in età adulta è inevitabile dover operare delle scelte, e per intraprenderle è difficile prescindere da una sintesi delle ragioni di entrambi.
Notavo una certa continuità tra questo romanzo e il precedente, Vorrei star fermo mentre il mondo va. Che cosa hanno in comune i due libri?
Entrambi i romanzi cercano di raccontare sinceramente la complessità delle relazioni, di amicizia e amore, nel mondo d’oggi. Certo l’età dei personaggi, e di conseguenza il contesto e il tipo di problemi che si trovano ad affrontare, sono molto diversi, ma rimane identico il mio interesse per i riti di passaggio del vivere quotidiano, anche in relazione agli altri.
Anche in Dove si va da qui analizzi i problemi di una generazione che forse ha paura di crescere. Che cosa manca a questa generazione per vincere la paura?
Definirei propriamente “paura” più quella dei protagonisti di Vorrei star fermo mentre il mondo va. In Dove si va da qui, per Nadia e Gabriele è più un derivato di una difficoltà complessiva nel vivere pienamente il loro rapporto. Forse a questa generazione manca la capacità (o possibilità) di programmare il futuro. Viviamo in un tempo schiacciato sul presente, siamo cresciuti con l’abitudine di soddisfare ogni bisogno senza dover aspettare, e siamo stati educati (direi quasi addestrati) al cambiamento vorticoso. Questo ci ha fatto perdere il filo della nostra narrazione personale.
Un’immagine della copertina di Dove si va da qui
In queste condizioni, il rapporto di coppia che cos’è? Quanto impegna, quanto aiuta e quanto porta al compromesso?
Il rapporto di coppia, se è vero e pieno, è proprio ciò che plasma il nostro cammino nel futuro, che ci fa capire quale tipo di sentimenti vogliamo salvare e rafforzare, cioè in che modo vogliamo investire sul lungo termine (magari ritardando momenti di soddisfazione immediata). Impegna moltissimo, probabilmente più che in passato, ma se ha senso di esistere aiuta, fa crescere, arricchisce. Gabriele e Nadia, i protagonisti di Dove si va da qui, scoprono proprio questo. E scoprono anche che in età adulta “compromesso” è una parola necessaria ma non limitante.
È un libro, come il precedente, fatto anche un po’ di ricordi e sogni. Che rapporto hanno i tuoi personaggi con queste due forze? E poi, che rapporto hai tu con ricordi e sogni?
Nei miei romanzi, ricordi e sogni sono modi diversi che i personaggi utilizzano per intraprendere una ricerca di sé. Tenere insieme ciò che sono stati e concedersi un esercizio di immaginazione in avanti sono movimenti di verso opposto, e insieme danno prospettiva alla loro storia, per quanto incoerente e accidentale possa essere a volte. Direi che per me vale più o meno lo stesso.
Simone, secondo te la quotidianità a quanti tipi di amore può dar vita?
Le sfumature possibili credo siano moltissime, e a ciascuno di noi basta osservare con attenzione amici e conoscenti per scovare varie forme diverse che assume il sentimento amoroso. Ci sono anche tratti comuni, domande grandi e piccole a cui trovare risposta, soglie da attraversare. In Dove si va da qui ho tentato di raccontare proprio questo, i dubbi comuni di una generazione, calati nelle vite di due personaggi che non vogliono essere emblematici ma semplicemente veri.