Dal ciclo arturiano il cinema e la letteratura hanno sempre attinto a piene mani per l’elaborazione di opere artistiche. Excalibur di John Boorman è sicuramente una delle pellicole più riuscite sull’argomento, complici anche le belle atmosfere epiche e il superbo cast, composto da attori oggi famosi, ma che nell’81 erano pressoché sconosciuti (da Helen Mirren a Gabriel Byrne e Liam Neeson).
Un film entrato a pieno titolo nei classici del cinema e che inizia ben prima di re Artù (Nigel Terry, scomparso lo scorso 30 aprile) , da Uther Pendragon, suo padre: quest’ultimo riesce a sedurre Igraine, la sposa del duca di Cornovaglia, dopo che ne ha assunto le sembianze grazie a un incantesimo di Merlino. Uther muore in un’imboscata e Artù, ancora neonato, viene affidato dal mago alle cure di sir Hector, che lo cresce insieme al figlio naturale. Con la fine di Uther ha origine per il regno un momento di lotte interne per il trono, finché il giovane e legittimo erede non riesce ad astrarre dalla roccia la mitica Excalibur, la spada appartenuta al padre e dono della Dama del lago. L’ascesa di Artù non sarà così automatica, ma con l’aiuto di Merlino il neo sovrano riuscirà a condurre le sue terre verso un periodo di pace e stabilità. Questo fino a quando la sorellastra Morgana non riesce a sedurlo, concependo con lui un figlio, Mordred, destinato per diritto al trono. Inoltre, Lancillotto, uno dei più fedeli cavalieri di Artù, s’innamora (ricambiato) della regina, Ginevra, cedendo alla passione e tradendo così il suo re.
Una storia nota ai più, che però non smette mai di appassionare, per la presenza dell’elemento magico (rappresentato da Merlino, contrapposto alla figura femminile di Morgana) e per i valori trasmessi dai cavalieri e il loro rapporto con Artù. In Excalibur si parla di amore, amicizie, giuramenti difesi a discapito della vita e fedeltà infrante: tuttavia, anche dopo un tradimento, l’uomo d’onore riconosce i propri errori e si auto-infligge atroci punizioni, errando senza meta o consolazione, preparandosi a tornare pentito e finalmente giusto accanto al suo re, perché la verità è la più grande dote di un cavaliere («quando un uomo mente assassina una parte del mondo»).
Il ciclo arturiano non si può dire ancora concluso, dal momento che autori contemporanei continuano a riproporlo, aggiungendo alla storia già conosciuta nuovi ed inediti particolari. Curiosa nel film è la scelta del titolo, forse perché è proprio Excalibur la vera protagonista, ciò che permette ad Artù di conquistare il potere e di difenderlo. La spada è destinata a lui fin dalla nascita e per questo, oltre a essere il simbolo della sua autorità, rappresenta anche il fardello che è costretto a portare, che grava anche su coloro che gli stanno accanto. Lancillotto ha sorretto l’onore, Ginevra le colpe, Mordred i peccati e i cavalieri le cause di Artù: quando per il sovrano giungerà la morte, anche per la spada arriverà il tempo di tornare da dove è venuta, in attesa di un nuovo re.