Il successo di un buon film, si sa, è dato dalla commistione di vari elementi, tutti presenti in Veloce come il vento di Matteo Rovere, già venduto in quaranta Paesi, con il titolo internazionale Italian race: una buona sceneggiatura, una regia sapiente, delle interpretazioni sentite e convincenti. In particolare, spicca Stefano Accorsi, un attore con alle spalle una carriera lunga e densa di film, ma che questa volta, forse più delle altre, pare aver centrato il ruolo, vestendo i panni dell’ex pilota tossicodipendente Loris De Martino.
Tutto inizia con la sorella di Loris, Giulia (Matilda De Angelis), che dal fratello e dal padre ha ereditato la passione per i motori. Nel corso di una gara, il padre della ragazza ha un malore e muore, mentre Loris, il fratello che Giulia non vede da anni, torna nella casa paterna e pretende di restarci. All’inizio il rapporto tra i due non è facile: Giulia, ancora minorenne e con la responsabilità del fratellino più piccolo, Nico, è costretta ad accettare la presenza di Loris. Da parte sua, il fratello, una leggenda del rally, farà di tutto per aiutarla a vincere una gara importantissima e non perdere, così, la casa, che finirebbe nelle mani di un certo Ettore Minotti, con cui i De Martino hanno dei debiti.
Film di genere che sarebbe tanto piaciuto a Steve McQueen, Veloce come il vento non rinuncia al sentimento e a quella scarica di adrenalina che nasce dall’amore totale per i motori, la strada, l’olio e la benzina. L’opera è ispirata alla vera storia di Carlo Capone, pilota che, all’apice della sua carriera a metà degli anni Ottanta, si ritirò dalle corse: da lì iniziò il suo calvario personale, segnato dall’abuso di droga e dai drammi personali, tra cui la morte della figlia. È, appunto, Accorsi a portare sullo schermo la figura di questo pilota dal passato glorioso e dal presente tormentato: l’attore torna alle sue origini bolognesi (anche nel parlato) e presenta al pubblico il ritratto di un ex campione magro e sfatto, un personaggio che sembra non aver più nulla da offrire e che, all’improvviso, trova la via per un possibile riscatto. Dall’altra parte, c’è un’ottima De Angelis al suo esordio cinematografico (è Ambra nella fiction Tutto può succedere e membro del gruppo bolognese Rumba de Bodas), nella parte di un’adolescente immersa nei problemi e nelle responsabilità, con di fronte a sé tutta l’incertezza del futuro, senza strumenti se non il suo talento al volante, eppure capace di forza e determinazione, utili nelle corse quanto nella vita.
È proprio nei suoi protagonisti che Veloce come il vento ha il suo principale punto di forza, in particolare nella figura di Loris De Martino, che, senza retorica o sentimentalismi, regala una lezione importantissima, ovvero che, nella vita, a una curva ne seguono altre, che il percorso è sempre tortuoso, che basta perdere per un attimo la concentrazione per finire fuori strada. Eppure, l’uscita dalla pista significa, alle volte, nuove strade, nuove corse, nuove curve, nuove sfide, insieme alla redenzione e alla necessità di ricomporre ciò che si è distrutto, intorno a noi e in noi.