A Vincent Gallo piace stupire e scandalizzare. E lo fa in tutti i campi in cui si cimenta, dal cinema – come attore, regista, sceneggiatore, produttore e direttore della fotografia – alla musica, la pittura e nelle sue esperienze come modello. Si può dire che Vincent Gallo abbia fatto di tutto, con risultati più o meno soddisfacenti. Il suo primo film come regista risale al ’98, ossia Buffalo ’66, tutto sommato un buon esordio, lodato dalla critica, con Gallo come protagonista insieme a Christina Ricci. Bisogna poi aspettare cinque anni per The brown bunny, pellicola che ha suscitato un enorme scalpore in sala, per una scena in cui Gallo riceve una fellatio (non simulata) da Chlöe Sevigny, allora anche sua compagna nella vita reale.
The brown bunny non è un film facile, per la trama minimale, eppure densa di significati reconditi, e per questo viaggio on the road, accompagnato dalle musiche di John Frusciante, che, a tratti, sembra non portare da nessuna parte e procedere all’infinito. Gallo è Bud, un giovane problematico quanto il Billy Brown di Buffalo ’66, ma forse tormentato da un’inquietudine ancora più grande e profonda. In realtà, quanto raccontato in The brown bunny è una faccenda piuttosto comune, che più o meno ha toccato tutti almeno una volta nella vita: la fine di un amore. Ma, ovviamente, per Bud la questione è ancora più difficile da sopportare, poiché è chiaro che c’è qualcosa di irrisolto nel suo passato rapporto con Daisy. Dopo una gara motociclistica, Bud sale sul suo furgone e parte per un lungo viaggio, alla volta di Los Angeles. Durante il tragitto, conoscerà alcune donne, con le quali cercherà di dimenticare Daisy, senza, tuttavia, riuscirci. Inoltre, farà visita alla famiglia di lei e al coniglietto domestico (appunto, marrone) con cui giocavano da bambini. Ma cosa è accaduto a Daisy? Perché il suo ricordo tormenta così tanto Bud, al punto di farlo precipitare in un tale baratro d’angoscia?
The brown bunny è un film sugli amori che finiscono, su quelli immaginati e quelli impossibili. Esiste uno scarto tra un sogno di felicità e la dura oggettività della vita, tra un microcosmo perfetto dove si è solo noi e l’altro/a e un universo reale in cui la coppia è in relazione col resto del mondo. Ma se per qualcuno metabolizzare la fine di un amore e andare avanti risulta più facile, anche se non meno doloroso, per altri la verità è da nascondere, il più possibile «lontano dagli occhi, lontano dal cuore». Chiaro che non si può impedire che essa, prima o poi, esploda in tutta la sua forza, insieme alle nevrosi, le ansie e le frustrazioni, scaturite dal rifiuto di affrontare la perdita e la delusione per l’abbandono.