Roma, film del regista messicano Alfonso Cuarón, conquista nel 2018 il Leone d’oro al 75° Festival di Venezia, e 3 Oscar nel 2019 come Miglior film straniero, Miglior Regia e Miglior Fotografia.
TUTTI I VINCITORI AGLI OSCAR 2019
Siamo molto lontani dalla pellicola fantascientifica e holliwoodiana di Gravity (2013). Ci troviamo nel 1971 a Roma, in un quartiere borghese di Città del Messico. Il regista ritorna “nel grembo materno”, dove si trova l’abitazione della sua infanzia. Nato nel 1961, Alfonso Cuarón trascorre l’infanzia insieme suoi fratelli, la madre Sofia, interpretata da Marina de Tavira, la nonna e la bambinaia indigena, in arte “Libo” (Liboria Rodríguez) a cui è dedicato il film e impersonata da Yalitza Aparicio (Cleo).
Roma recupera la memoria del registra, i suoi ricordi, in una pellicola preziosa e in bianco e nero. Acqua gettata con forza su di un pavimento del cortile di casa dove si specchia il passaggio di un aereo, apertura verso altri mondi. L’estetica magica di Cuarón sposa con eleganza quasi poetica, il ricordo: un’azione di lavaggio e purificazione. Da un lato c’è la storia della famiglia borghese, c’è Cleo la domestica che conquista tutta la famiglia in una relazione speciale, non tanto quanto quella che si avvia con il suo amante che la seduce e poi la abbandona con in grembo una vita che sta per nascere, dall’altro lato c’è la storia pubblica delle repressioni degli studenti negli anni Settanta, a Città del Messico.
Il regista messicano intreccia i diversi piani fornendo allo spettatore una nuova storia. Emozioni, ricordi, disperazioni, confusioni si mescolando sulla pelle indigena di Cleo, filtro unico di affetto e amore. Roma non è solo un’autobiografia, ma uno sguardo intimo sulla memoria attraverso Cleo, la sua delusione, il suo travaglio, il suo tentativo di consegnare al mondo nuova vita, purtroppo negata. La pellicola si alterna tra l’intento della casa della famiglia e l’esterno periferico, disturbato dalle violenze delle lotte studentesche. Una storia umana in cui si rievoca persino il massacro del Corpus Christi, avvenuto il 10 giugno 1971. Come in altri paesi dell’America latina, furono attivate contro le opposizioni di sinistra gli “squadroni della morte”, come gli Halcones (“Falconi”) protagonisti della la strage del “giovedì di Corpus Domini”, in cui trovarono la morte decine di giovani universitari.
La pellicola di Alfonso Cuarón coinvolge sensorialmente, ci tocca, ci sfiora nei dettagli dell’essere umano. Ribellione, passione, delusione sono gli ingredienti che si mescolano nell’estetica cinematografica del regista messicano. Cuarón si muove gentilmente nella grazia timida di Cleo: cuore pulsante di Roma, onda gravitazionale di spazio-tempo e increspatura coraggiosa in un mare in tempesta. Tra i produttori di Roma c’è Netflix, che distribuisce il film sia sulla piattaforma che nelle sale cinematografiche. In ogni inquadratura si compenetrano energicamente dolore e fede, nascita e morte, un cortocircuito desideroso di un recupero genuino della storia, quella del regista e quella del Messico.
Roma resta un film d’autore, un conflitto tra interno-esterno, tra bianco e nero, tra borghesia e povertà e tra movimento e repressione, dualità che si mescolato, si alterano, si amalgamano in un montaggio “intimo” e con una straordinaria forza “femminile” potente come l’acqua: fonte inesauribile di vita.
Alfonso Cuarón
Genere
Drammatico
Anno
2018
Attori
Yalitza Aparicio - Marina de Tavira - Marco Graf -
Durata
135 minuti
Paese
USA