Da sempre le saghe famigliari come I Leoni di Sicilia attirano e coinvolgono i lettori perché raccontando anche fatti privati soddisfano quel desiderio di saperne di più, di conoscere vicende e vicissitudini, di entrare negli anfratti di aneddoti e segreti sconosciuti.
La letteratura conta tantissimi romanzi che varcano le vicende generazionali di famiglie. Come non ricordare le ponderose opere dei grandi scrittori russi, le epopee famigliari di famosi autori americani, fino ad illustri scrittori italiani che hanno firmato importanti opere che dalle storie di generazioni hanno preso spunto dalle vicissitudini di famiglie più o meno importanti, più o meno note.
Perché ogni importante famiglia ha una grande storia, vera, artefatta o inventata che sia, ma che spande comunque il suo fascino su chi legge e lo attira, pagina dopo pagina a sapere, ad approfondire, a scoprire. Meglio ancora se il successo esprime il riscatto da povere origini e riflette l’aspirazione dell’uomo comune alla notorietà, al benessere.
Ed è su questi elementi che si basa la struttura de “I Leoni di Sicilia” di Stefania Auci, recentemente pubblicato da (Editrice Nord).
La storia dei Florio è quella di una famiglia che, dalle umili origini nel paesino di Bagnara in Calabria si avventura in terra straniera, la Sicilia, ostile, chiusa, diffidente. Paolo e Ignazio non sono disoccupati disperati, ma Paolo sente forte l’impulso di una nuova vita, lontano dal paese e dal terremoto che l’ha colpito. Sono commercianti di spezie e aromi che nella terra siciliana e nella moderna città di Palermo vedono il luogo ideale dove dare una svolta alla loro vite, recuperando una decrepita aromateria in disuso.
E’ l’Italia e la Sicilia dell’Ottocento. Palermo in particolare è terra di ricchi e fiorenti commerci, viva e pulsante, crocevia di intraprendenti commercianti non solo siciliani ma anche napoletani e inglesi. La concorrenza è aspra, cattiva. Forte è l’ostilità della borghesia e dell’aristocrazia palermitane che li considerano facchini, “bagnaroti calabresi” li chiamano. Una origine che non verrà mai perdonata “Non si può cancellare quello che uno è, per quanto profumo di soldi si butta addosso.”
Ma i fratelli Florio, teste dure calabresi, risoluti non temono la sfida. Hanno le idee chiare e una volontà di ferro. Non cedono, non mollano e l’attività decolla, li rende noti, consente di avviare altri traffici e di diventare il punto di riferimento dell’isola e non solo dei commerci di spezie e aromi. Senza scordare le origini, anzi traendone forza. Ignazio, ormai uomo d’affari, con una vera drogheria, conserverà la vecchia bilancia di precisione di suo fratello. Gli serve per ricordare chi è, da dove è venuto.
Stefania Auci ripercorre le vicissitudini della famiglia Florio descrivendo e costruendo i personaggi con una attenta ricamatura dei personaggi, approfonditi soprattutto nei loro aspetti umani e famigliari. Non solo, sembra voler appositamente sottolineare i loro aspetti peggiori, le loro debolezze. Paolo e Ignazio fratelli diversi, il primo focoso, attento agli affari, scaltro e deciso. Il secondo, innamorato segretamente della moglie del fratello ha lo spirito buono, equilibrato e meno accecato dagli affari. Alla morte di Paolo sarà Ignazio a farsi carico del ruolo di capofamiglia. Pazienza e gentilezza le sue armi predilette. Accanto a loro Giuseppina, moglie di Paolo, che resterà sempre legata alla terra d’origine, lasciata per obbedire al marito, seguendolo senza negare il suo supporto alla famiglia, da forte donna del sud.
Ma soprattutto, ne I Leoni di Sicilia viene percorsa la crescita e la formazione di Vincenzo, figlio di Paolo, che sarà l’artefice dell’ulteriore successo e consolidamento commerciale e sociale dei Florio. Lungimirante, azzardato, pragmatico, ancor più determinato del padre nel perseguire sempre nuovi risultati, nell’eccellere, pronto a cogliere le opportunità, a innovare. Lo zio Ignazio, che lo considera un figlio e come un figlio lo cresce, lo metterà al banco in bottega. Perché così potrà capire le persone e indovinare cosa vogliono. Imparerà la disciplina e acquisirà resistenza alla fatica e avrà rispetto del lavoro altrui. Vincenzo manderà a memoria questi principi e farà sua la lezione e gli insegnamenti di Ignazio. Tanto che sarà proprio Vincenzo a far passare alla storia il cognome che porta. Il marsala, considerato un vino da poveri e per poveri diventa nelle sue mani un liquore pregiato, aristocratico.
Non solo, rilancia il consumo del tonno in tutta Europa grazie a un sistema rivoluzionario per la conservazione. Ma anche un personaggio mai contento come Vincenzo ha bisogno del suo porto sicuro. E Giulia la moglie milanese, altro personaggio ben delineato e raccontato, è l’ancora della sua tranquillità.
La storia dei Florio è la storia della Sicilia, ma I Leoni di Sicilia non è un romanzo solo storico ma è di ampio respiro, corale nella sua narrazione. Sapientemente vengono inseriti accadimenti, detti e proverbi che collocano temporalmente e geograficamente il racconto, rendendo un’ambientazione che ha il sapore vero e concreto dell’isola, del suo essere e dell’epoca.
Perché della Sicilia e di Palermo se ne respirano odori e profumi, se ne avvertono emozioni, lotte e contrasti, si è pervasi dalla loro atmosfera. Si entra in contatto con la gente e col suo modo di essere gente di Sicilia pur nella “modernità” di una Palermo in fermento.
Stefania Auci ha saputo raccogliere e maneggiare con abilità tanti elementi, mantenendo un piacevole e lodevole equilibrio che appassiona e non annoia, non cala di ritmo né di interesse.
Per essere appreso appieno I Leoni di Sicilia ha bisogno di attenzione. Non è lirica ma buona letteratura, e non è poco. Non è romanzo per gli stacanovisti della lettura che fanno a gara a quanti libri leggono in un mese, altrimenti risulterà lungo, ridondante, monotono, il dialetto ostile e fastidioso.
E’ un libro da leggere con calma. Senza fretta.
Stefania Auci
Casa editrice
Editrice Nord
Anno
2019
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
436
ISBN
9788842931539