Mario Rigoni Stern rappresenta il nonno che molti non hanno avuto la fortuna di avere e che bambini e adolescenti di oggi non avranno mai.
MARIO RIGONI STERN: VIAGGIARE RESTANDO FERMI
Quel nonno che, a occhi spalancati, le braccia incrociate sul tavolo, si ascoltava raccontare delle storie di guerra, di alpini sotto i bombardamenti nemici, di inverni gelidi e piedi nel fango.
Luoghi e situazioni affascinanti pur se paurosi che incombevano nelle fantasie infantili senza comprenderne davvero la drammaticità, la realtà tragica.
Ma anche storie di caccia, ricordi di paese.
Ma per chi nonni così non li ha avuti, Mario Rigoni Stern è memoria storica di quegli anni drammatici di guerra che sembrano così lontani. E forse è destino segnato il suo, poiché nasce l’1 novembre del 1921 ad Asiago, che fu importante teatro di scontri della prima guerra mondiale, la grande guerra.
Si arruola volontario nella Scuola Militare Alpina di Aosta e da alpino combatte la seconda guerra mondiale nella divisione Tridentina. E’ sul fronte albanese. Vive il dramma della disastrosa campagna di Russia e la grande ritirata. Esperienza che lo segna profondamente e che racconta in “Il sergente nella neve” (Einaudi, 1953). E’ la sua opera maggiore e più conosciuta. Vale come testimonianza di una delle maggiori disfatte dell’esercito italiano. Occupa altresì un posto di rilievo nel panorama letterario italiano tra i romanzi che affrontano le vicissitudini della guerra.
“Chi lo avrebbe mai detto che lo sarei diventato anch’io, un autore? Ma forse, in fondo in fondo, quando scrivevo in segreto il mio diario lo speravo”.
E proprio Elio Vittorini, curatore della collana di Einaudi della quale faceva parte Il sergente nella neve, aveva molti dubbi sulla vera vocazione di scrittore e non piuttosto come testimone di avvenimenti vissuti. Tanto che lo obbligò a riscrivere più volte l’intero romanzo.
Dubbi fugati dai romanzi successivi Le stagioni di Giacomo, Quota Albania, Storia di Tönle, Ritorno sul Don… I ricordi e le esperienze della guerra sono la maggior fonte di ispirazione e i romanzi che più valorizzano lo scrittore, capace di trasmettere con passione gli aspetti del conflitto, sia sotto l’angolazione di chi l’ha combattuto, sia della popolazione che lo hanno subito.
Ma oltre alla guerra, altri temi sono cari a Stern.
Le sue genti, quelle dell’altipiano dopo la seconda guerra mondiale le racconta nel film per la televisione I recuperati di Ermanno Olmi, del quale scrive il soggetto e partecipa alla sceneggiatura.
I temi della sua terra, l’amore per la natura e la tipica passione per la caccia della gente di montagna sono ispirazione per romanzi come Il bosco degli urogalli (1962) e Uomini, boschi e api (1980).
Lo stile è semplice, disadorno le frasi brevi e trasmettono una immediatezza che colpisce poiché se ne coglie appieno il realismo e la verità della narrazione, del ricordo, del vissuto.
Prestigiosi i riconoscimenti alla sua opera con l’attribuzione di premi quali Bagutta, Campiello, Feltrinelli, Flaiano, Grinzane Cavour.
A lui invece è intitolato il Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi. Un premio letterario che, dal 2011, viene assegnato ogni anno ad opere di narrativa e di saggistica che abbiano per tematica il paesaggio alpino, le attività produttive tradizionali, il contesto socioculturale delle comunità alpine, la caccia, la guerra in montagna e il patrimonio narratologico dell’arco alpino.
Nel 2014 il premio fu assegnato a Mauro Corona per La voce degli uomini freddi.
In silenzio, senza celebrazioni Mario Rigoni Stern muore il 16 giugno 2008, dopo una malattia per la quale aveva rifiutato il ricovero.