John Steinbeck

John Steinbeck: tra Generazione Perduta e Grande Depressione

John Steinbeck è stato un grande scrittore, un narratore perfetto per i suoi tempi. Ha raccontato gli ultimi, i poveri, il dramma. Ha conquistato il Nobel per la Letteratura nel 1962.

DIARIO RUSSO DI JOHN STEINBECK – LEGGI LA RECENSIONE

Per comprendere i più grandi scrittori americani non si può prescindere dal collocarli temporalmente nella prima metà del Novecento e dagli accadimenti americani dell’epoca. Si comprendono non solo le opere, ma molto della loro identificazione in quel termine che li definisce Lost Generation o Generazione Perduta.

La notorietà e la diffusione del termine avvennero grazie a Ernest Hemingway .

Nel capitolo Une Génération Perdue di Fiesta, la attribuisce a Gertrude Stein.

A sua volta la sentì dire da un meccanico francese che così si rivolse a un apprendista, incapace di riparare l’auto della Stein “Siete tutti una generazione perduta”.

Lei stessa poi la riferì a Hemingway, commentando “Questo è ciò che si è. Questo è ciò che tutti sono … tutti voi, giovani che avete prestato servizio nella guerra. Voi siete una generazione perduta“.

Gli Usa della Prima guerra mondiale e soprattutto della Grande Depressione rappresentano la collocazione storica e culturale di questa Lost Generation, che conta scrittori del valore di Hemingway, Scott Fitzerald, Dos Passos, Ezra Pound.

Tra questi John Steinbeck è quello che maggiormente seppe interpretare il dramma degli ultimi, dei poveri, dei paisanos vittime della Grande Depressione del ’29.

Dopo un dopoguerra durante il quale l’America aveva visto un periodo di relativa crescita economica, singoli individui e comunità intere si ritrovarono ad affrontare una vita di stenti e molti addirittura di miseria. Milioni le vittime della fame, di rinunce ma anche di suicidi.

The Pastures of Heaven (1932) titolo italiano I pascoli del cielo descrive le vite di famiglie contadine sotto forma di racconti, uniti tra loro dall’ambientazione e dagli stessi personaggi protagonisti delle diverse storie.

La terra californiana è il paradiso, rappresenta il sogno che si avvera, ma il destino è più forte e incombe sugli individui.

Of Mice and Men (1936) in italiano Uomini e topi vive sulle figure di due braccianti. Le loro vite si intrecciano con quelle di altre figure che rappresentano lo sfruttamento del lavoro, la fatica, la quotidianità, il razzismo.

The Grapes of Wrath (1939), tradotto in italiano con il titolo “Furore”, è il romanzo più rappresentativo e nel quale meglio vengono simboleggiate le tematiche sociali che sono al centro delle opere di Steinbeck.

The Grapes of Wrath è infatti frutto di una attenta raccolta di testimonianze, sia di persone che attraverso ricerche sui giornali dell’epoca.

E’ la cronaca delle drammatiche condizioni in cui versava l’America dei poveri, degli ultimi in quegli anni travagliati e di privazioni.

In un Paese storicamente e culturalmente segnato dai grandi spostamenti di intere comunità, anche durante la Grande Depressione la disperazione e la povertà portarono intere famiglie a mettersi in cammino verso un nuovo Far West.

Il tema sociale è presente in tutti i romanzi di John Steinbeck, con una partecipazione emotiva e una sentita vicinanza ai drammi di quella gente.

Uno stile semplice, fluido, comprensibile quello di Steinbeck, a differenza di altri più cattivi, più crudi, quali quelli di Faulkner o Caldwell che come lui narrarono la miseria, gli ultimi.

Una narrazione quasi cinematografica per il gusto e il particolare della scena, l’attenzione descrittiva, la descrizione e la costruzione dei personaggi.

Leggendo si ha l’impressione di essere al centro della scena, nella piana californiana di Salinas, circondati dalle atmosfere e dai protagonisti.

Nel 1962 gli viene attribuito il Premio Nobel per la Letteratura con la motivazione “per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l’umore sensibile e la percezione sociale acuta”.

Le traduzioni in italiano delle opere di Steinbeck ebbero due importanti penne quali Elio Vittorini e Cesare Pavese, quest’ultimo interpretando a suo modo e con il proprio stile più che rispettando la fedeltà all’originale.

John Steinbeck (Salinas, 27 febbraio 1902 – New York, 20 dicembre 1968)

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diSteve Fortunato

Piemontese di origine e milanese d’adozione. Imprenditore da sempre, ha sfogato principalmente nel marketing e nella comunicazione la creatività e il desiderio di nuovi orizzonti e di nuove sfide. Razionale e impulsivo, istintivo e sensibile. Racconta vicende e persone con una visione nichilista e un linguaggio crudo, duro, scarno a volte, che però sa cedere a momenti delicati, di sottile nostalgia.