Circa un anno fa, novembre, scrivevo di un momento toccante e particolare, a tratti struggente che in pochi avevamo vissuto grazie ad Andrea G. Pinketts. In occasione di Bookcity aveva letto alcuni brani tratti dai suoi libri. Il suo podio era una sedia a rotelle, il microfono un bastone, il teatro l’ospedale Niguarda. Magrissimo, tirato ma con la sua solita verve, la stessa finezza di pensiero e lo sguardo strafottente.
MILANO LEGGE MILANO – ECCO IL NOSTRO ARTICOLO
Poi, poco dopo, proprio un anno fa stavolta, ho scritto della scomparsa di Andrea G. Pinketts:
ANDREA G. PINKETTS – IL NOSTRO SPECIALE RICORDO
Oggi, non voglio usare altre parole che non siano le sue, perché qualsiasi cosa possa scrivere sarebbe di scarso valore, come gli auguri di Natale mandati a tutta la rubrica girando una banale gift, ricevuta da qualcun altro. Perché nessuno come lui sapeva leggere se stesso e dentro alle persone.
“Sarà che il tempo è sempre affamato e per questo divora i giorni, i mesi, gli anni… sarà che se l’uomo vuole salvare qualcosa, che so, un ricordo, dalla voracità del tempo lo deve mettere in frigorifero e per questo c’è un senso di gelo ogni volta che tocchi li passato…”