The New Pope è la nuova serie di Paolo Sorrentino che si è conclusa venerdì 7 febbraio scorso su Sky Atlantic. Il percorso iniziato lo scorso anno con The Young Pope sembra così arrivato ad una conclusione, anche se il finale lascia aperti molti scenari.
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Un cast eccezionale, un’idea sublime, un finale che racchiude il senso di nove puntate. A The New Pope forse ci eravamo accostati con un po’ di timore, ma il regista è riuscito a creare un prodotto che sta tra il cinema e il sogno, tra l’immaginario e il reale, tra l’ambizione e il tangibile.
Paolo Sorrentino è appoggiato in tutto questo da un cast stellare, che oltre a Jude Law e John Malkovich (i due protagonisti nel ruolo di Papi), vede il ritorno di Silvio Orlando (Segretario di Stato Voiello), Javier Cámara (cardinal Gutierrez), Cécile de France (Sofia Dubois), Ludivine Sagnier (Esther Aubry) e Maurizio Lombardi (Cardinal Assente). A questi si vanno poi ad aggiungere Henry Goodman, Ulrich Thomsen, Mark Ivanir, Massimo Ghini e le due sorprese Sharon Stone e Marilyn Manson.
La trama
Il racconto riprende da dove avevamo lasciato la serie precedente, con il malore improvviso di Pio XIII (ora in coma) e la decisione del Segretario di Stato Voiello di eleggere un nuovo Papa.
Entra in scena così, dopo un breve periodo nel quale il Pontefice è Francesco II, un cardinale inglese con una personalità particolare e fragile, che prende il nome di Giovanni Paolo III. Con lui, il papato è in netto contrasto con i precedenti.
Le condizioni di Pio XIII però sembrano migliorare, e il ritrovarsi con due Papi con personalità così opposte metterà la Chiesa di fronte a dubbi universali, mentre il fanatismo ed il dispotismo sembrano invadere il mondo.
La recensione di The New Pope di Paolo Sorrentino
Non c’è alcuna parodia in questa serie, ma la capacità di Sorrentino di aggiungere e togliere in corso d’opera, di presentarci due Pontefici che a tratti sembrano offuscarsi per lasciar spazio alle riflessioni.
The New Pope è una serie dissacrante, provocatoria, ma comunque veritiera, capace di insinuare un sospetto ed un pensiero in ogni singola scena. Il regista non si sottrae a trattare temi di grande attualità come l’omosessualità, i matrimoni gay, il futuro della Chiesa, la lussuria e la corruzione che la insidiano dall’interno, ma anche la pedofilia ed il terrorismo islamico.
Il tutto condito chiaramente con momenti di straordinaria ironia, che mettono a confronto gli uomini, gli attori, richiami a film di successo e alla celebrità. Il lato sexy spinto all’eccesso fa parte del gioco, è ciò che in fondo ti aspetti dal contesto e dai protagonisti.
Tutto è comunque incentrato sull’elemento del doppio, dell’opposto. Tra i due papi, che rappresentano il vecchio e il nuovo, inizia un dialogo che diventa sempre più stretto e serrato, che “da scintilla diventa coscienza”. L’assenza di Pio XIII, malato, è in realtà la più clamorosa e rumorosa che si possa immaginare.
C’è poi la dualità tra bene e male, che entra a gamba tesa in ogni scena imponendosi come elemento imprescindibile di una serie che fa del peccato una parte inevitabile degli uomini e, quindi, anche del Papa. Sì perché tra santità e normalità, tra trascendente ed immanente, si gioca la battaglia attualissima all’interno della Chiesa.
Non tutte le domande insomma sembrano avere risposta, e come per la serie precedente, anche sul finire di questa il lato umano e fragile di ogni protagonista sembra avere la meglio su una spiritualità eccessiva e senza contenuto.
I valori aggiunti di The New Pope? Moltissimi. A partire da John Malkovich, Jude Law e Silvio Orlando. I primi due interpreti magistrali di ogni ruolo possibile, ed il terzo capace di dar vita ad una maschera che resta impressa nella memoria.
Paolo Sorrentino ha creato una storia visionaria che si muove tra fede e dubbio, tra corpo e spirito. Un’opera vera, di qualità, che lascia finali sospesi e nuove possibilità.