La condizione umana (La Condition humaine) è un romanzo di André Malraux che nel 1933 vince il Premio Goncourt e oggi viene ritradotto da Stefania Ricciardi e pubblicato nel 2018, dalla casa editrice milanese Bompiani, mandando in pensione la storica versione di Antonio Radames Ferrarin.
La sua vita aveva un senso: quello di dare a tutti gli uomini che in quel momento la fame faceva morire come una peste lenta il possesso della propria dignità.
La trama
Lo scrittore francese, nonché ministro durante e ministro della Propaganda e dell’Informazione dal novembre 1945 al gennaio 1946 nel governo De Gaulle, ci restituisce un grande mosaico di una fase tragica che segue la rivoluzione cinese, l’insurrezione di Shanghai del 1927. Gli operai in armi, guidati dai comunisti, liberano la città prima dell’arrivo di Chang Kai-shek alla testa delle truppe del Kuomintang.
Prima del 1927, l’insurrezione e la lotta contro i Signori della guerra avevano ridotto la Cina ad un unico, enorme campo di battaglia, mettendo insieme comunisti e nazionalisti del Kuomintang. Questa alleanza inizia a vacillare, per poi rompersi del tutto, dopo che Chiang Kai-shek, grazie all’appoggio dei poteri forti e all’improvviso disinteresse di Stalin, decapita al vertice l’organizzazione dei comunisti cinesi.
La storia di Malraux racconta dei rivoluzionari Chen, Kyo (con suo padre Gisors), Katov, i quali organizzano la rivolta nella città cinese di Shanghai. L’unico ad essere ucciso è proprio Katov sfuggito in patria al plotone d’esecuzione delle armate bianche, per essere poi arso vivo in una caldaia dagli aguzzini del Kuomintang, dopo aver donato a due compagni di prigionia quel che gli restava di più prezioso: la capsula del cianuro.
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La condizione umana – La recensione
La condizione umana parla proprio della condizione umana, del suo dramma, un’incomunicabilità drammatica di cui Kyo si rende perfettamente consapevole. La Cina rivoluzionaria di Malraux non è quella contadina, bensì di una Cina metropolitana e cosmopolita che pullula di uomini e donne diversissimi fra loro. Tre sono gli uomini che gravitano attorno al romanzo: Kyo dalla passione rivoluzionaria che segue con disciplina il partito e con rispetto la dottrina marxista; il terrorista Cen, che della sua azione rivoluzionaria anarchica ne fa un individualismo sfrenato; e infine Katov, la cui azione punta al riscatto sociale del popolo oppresso.
Sicuramente l’azione rivoluzionaria non elimina la solitudine tra gli uomini, ma cerca in essa un significato per una società migliore. Pur perseguendo i propri ideali i personaggi soffrono, e noi soffriamo con loro. Ecco che La condizione umana di Malraux amplifica terribilmente il sentimento di impossibilità di comunicazione con l’altro, caratteristica di ogni essere umano.
La sua vita aveva un senso: quello di dare a tutti gli uomini che in quel momento la fame faceva morire come una peste lenta il possesso della propria dignità. Tutta la vicenda scorre lungo i pensieri “muti” dei protagonisti, i dialoghi bisbigliati e clandestini. In lontananza spari e detonazioni, una lotta continua, pericolosa ed eterna, una condizione umana interna che si specchia sull’esterno, mentre si muore.
Per fare un uomo non ci vogliono nove mesi, ci vogliono cinquant’anni, cinquant’anni di sacrifici, di volontà, di … tante cose. E quando quest’uomo è fatto, quando in lui non c’è nulla né dell’infanzia né dell’adolescenza, quando è proprio un uomo, non è buono che per morire.
André Malraux
Casa editrice
Bompiani
Anno
2018
Genere
Narrativa
Formato
Tascabile
Pagine
344
Traduzione
Stefania Ricciardi
ISBN
9788845298530