Bruce Chatwin è stato uno dei più grandi scrittori di viaggio nella storia della letteratura. Un reporter schietto, sincero, limpido, mosso dalla passione.
Nato a Sheffield nel 1940, fin da subito sviluppò una particolare sensibilità per la percezione visiva, fino a quando si appassionò di archeologia. L’amore per i viaggi inizia nel 1969, quando Bruce Chatwin si recò in Afghanistan, dove rimase affascinato dalla vita dei nomadi e dalla loro capacità di abbandonare i beni personali.
Nel 1973 iniziò a lavorare per il Sunday Times Magazine, e grazie a questo rapporto lavorativo e alle sue doti narrative viaggiò per il mondo raccontando culture, popoli, personaggi. Tra i suoi lavori più importanti la descrizione degli immigrati algerini e della Muraglia cinese, così come i racconti dal Sud America e dalla Patagonia in particolare.
Qui di seguito vi proponiamo tre titoli imperdibili per chi ama Bruce Chatwin (Adelphi) e per chi invece vuole conoscere il suo stile.
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In Patagonia
Libro del 1977 che consacrò Chatwin come uno dei massimi scrittori di viaggio. Un racconto che nasce da un’esperienza vissuta in prima persona. Vi si recò al posto dell’architetto Eileen Gray, dopo essere rimasto affascinato da una mappa della Patagonia nel suo studio. La Gray gli propose di partire al suo posto, e non appena arrivato Chatwin la informò con un telegramma. Questo libro racconta una terra affascinante e diversa, popoli lontani e personaggi unici. un libro imperdibile per chi ama i reportage.
Anatomia dell’irrequietezza – Per conoscere Bruce Chatwin
Forse il libro da cui iniziare per chi vuole avvicinarsi a Chatwin, perché qui sono contenute le sue idee e le sue esperienze. Ci sono lettere inedite, aneddoti autobiografici, la descrizione della sua natura di “uccello migratore”, di devoto alla “alternativa nomade”. Gli scritti che compongono il libro vanno dal 1968 al 1987, e toccano i tanti ambiti di interesse dello scrittore: archeologia, arte, giornalismo, narrativa. Il testo si compone di brevi racconti e storie, schizzi di viaggio, ritratti di uomini famosi. «Il nomade rinuncia; medita in solitudine; abbandona i rituali collettivi e non si cura dei procedimenti razionali dell’istruzione o della cultura. È un uomo di fede». E insieme un’autoanalisi, che gli permettesse di rispondere a una domanda elementare: «Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?».
L’alternativa nomade
Chatwin era convinto che cambiare fosse l’unica cosa per cui valesse la pena vivere. In una lettera al suo editore spiega l’argomento di quello che diventerà un libro pubblicato successivamente, con il titolo appunto di L’alternativa nomade, ciò che sarà la stella polare della sua esistenza. In questo libro viene raccolta la corrispondenza tra il 1948 ed il 1989, lettere curate poi da Nicholas Shakespeare e arricchite da note della moglie Elizabeth. Sono scritti destinati ai genitori, alla moglie ed agli amici, battuti a macchina su fogli pregiati. Una sorta di memoir da cui traspare il vero Bruce Chatwin, un’autobiografia di quello che è un cercatore di storie, un reporter nomade d’altri tempi.
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