Esattamente 2 anni fa ci lasciava il grande scrittore Philip Roth, uno dei più grandi autori mondiali nella seconda metà del Novecento.
Ebreo, radicato nella realtà con cui si confrontava con ironia, umorismo e ricerca di identità, Philip Roth non ha mai smesso di scavare nella cultura occidentale muovendosi tra lussuria e morale, tra pregiudizi e senso di individualità, tra religione, etica e conformismo.
Molti sono i romanzi (in Italia pubblicati da Einaudi) in cui ha utilizzato degli alter ego sui quali ha proiettato immagini di sé, desideri ed aspirazioni, passato familiare ebraico e sogno americano. Qui vogliamo consigliarvi cinque romanzi che potete leggere per avvicinarvi a questo grande scrittore e per conoscerlo più da vicino.
Leggi anche – I fatti di Philip Roth. Autobiografia di un romanziere
Lamento di Portnoy
Un bellissimo incontro/scontro tra desideri e coscienza di Alex Portnoy, un ragazzo che inizia un percorso insieme al suo analista per indagare la propria esistenza.
Tra gli argomenti trattati ci sono la famiglia e le origini ebraiche ed il sesso, l’argomento principale. Alex ha passato l’adolescenza chiuso in bagno, prima di tuffarsi in una storia dietro l’altra, con ragazze non ebree.
Attraverso di loro ha cercato di penetrare anche l’ambito sociale e culturale da cui si sente profondamente escluso. «Questa è la mia vita, la mia unica vita, e la sto vivendo da protagonista di una barzelletta ebraica».
Pastorale americana – Philip Roth e il successo
Il romanzo forse più famoso dello scrittore americano, in cui il protagonista è Seymour Levov, che al liceo viene chiamato “lo Svedese”. Siamo negli anni ’50, e per Seymour ci sono successi professionali e gioie familiari.
Arriva però il conflitto del Vietnam con tutte le sue contraddizioni, che lo coinvolgono direttamente quando la figlia Merry decide di portare “letteralmente” la guerra in casa.
Un vero capolavoro che parla dell’amore, della morte, dell’odio per l’America e del desiderio di far parte invece di un mondo di pace, in cui regnino ordine e prosperità. Un appello contro l’ipocrisia e la falsità della società. LEGGI QUI LA RECENSIONE
L’animale morente
Uno dei libri forse più intimi e spregiudicati al tempo stesso, in cui si parla di David Kepesh, un professore universitario di critica letteraria malato di desiderio.
Il professore ha una malattia, che si chiama Consuela Castillo, una ragazza cubana alta, bella, giovane (ha 24 anni). Questa presenza sconvolge inaspettatamente la sua vita, portandola fino alla tragedia.
Un’opera magistrale, in cui uomini e donne danzano attorno alla loro sensualità, si scoprono fragili come tutta l’umanità, e così ridisegnano le loro vite.
La macchia umana
Ancora una volta il protagonista è un professore, Coleman Silk, ed il segreto che nasconde da cinquant’anni, persino a sua moglie ed ai suoi figli.
Basta poco però come una parola detta per sbaglio, per far cadere ogni protezione, così sul professore si scaglia il perbenismo, il politicaly correct, gli spiriti maligni.
Tutto il suo mondo cambia, crolla la sua immagine, la sua vita accademica, i suoi rapporti familiari. Non c’è scampo a tutto questo, perché «noi lasciamo una macchia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui».
Everyman
Forse il libro più cupo e doloroso di Philip Roth, che sceglie per il suo Everyman un destino segnato, già dal suo primo incontro con la morte, che avviene sulle spiagge quando era bambino.
Poi la vita passa tra successi professionali, tra una vita familiare di alti e bassi, tra la maturità vigorosa, la vecchiaia, il deterioramento dei coetanei, i tormenti fisici.
Questo libro è una storia molto intima e personale, che però parla di tutti noi, dell’universalità della vita e della morte, delle perdite e del rimpianto, che sempre si accompagna a qualche forma di resistenza. LEGGI QUI LA RECENSIONE