Uscita lo scorso 23 aprile su Sky, Anna è la nuova serie tv creata e diretta da Niccolò Ammaniti e tratta proprio dal suo omonimo romanzo.
Anna è una bellissima favola a tinte dark, che porta lo spettatore in una Sicilia post apocalittica dove a regnare sono i bambini, rimasti soli.
Questa serie tv però parla anche del presente, di virus e di pandemia. Ma Anna è un bellissimo percorso umano che mette in evidenza gli istinti primari dell’essere umano, in una continua ricerca della speranza, in un rapporto strettissimo tra memoria e futuro
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La trama
Anna è ambientata in Sicilia. Dopo quattro anni dalla comparsa e diffusione del virus La Rossa, nel mondo sono scomparsi gli adulti ed esistono solo i bambini.
Si sono organizzati in gruppi, in branchi. Alcuni però, come Anna, vivono soli. Lei è con il suo fratellino Astor e si rifugiano nel Podere del Gelso, dove vivevano con la mamma.
Ogni giorno la ragazza parte in cerca di cibo, mentre suo fratello resta a casa, protetto dal “mondo nuovo”. Ad Astor è infatti proibito uscire, ed Anna riesce a tenere a freno la sua giovane età prospettandogli un mondo pieno di mostri.
Un giorno però Anna torna a casa ed Astor non c’è più. Inizia così una ricerca attraverso la Sicilia selvaggia, in cui la ragazza sarà costretta a scontrarsi con i Blu, un gruppo di ragazzini in cui comanda la perfida Angelica, che tiene con sé l’ultimo adulto rimasto (la Picciridduna), che si dice possa guarire La Rossa. Ma nel viaggio Anna incontra anche l’amicizia, l’amore per Pietro ed una nuova possibilità di salvezza: lo stretto di Messina e la terra dall’altra parte.
Anna – La recensione
C’è qualcosa di estremamente poetico ed affascinante in questa serie tv che è tratta dall’omonimo romanzo che Niccolò Ammaniti ha pubblicato nel 2015 (Einaudi).
La storia è ipnotica in un certo senso, perché ciò che sta alla base di tutto è un virus che ha devastato il mondo, ed è impossibile non pensare al presente che stiamo vivendo. Ci sono i complottisti, le strade vuote, le ambulanze che corrono, la febbre, la tosse e poi la morte. Se inizierete a vederla la finirete in poco tempo, anche grazie alla scelta di Sky che da qualche tempo propone le stagioni delle sue serie tv in blocco, mettendo a disposizione tutti gli episodi.
Il virus però è solo il punto di partenza, perché in Anna c’è molto altro. Il mondo popolato solo da bambini riporta alla memoria un po’ Peter Pan e un po’ Il Signore delle Mosche, e mette al centro giovani animi spaesati, organizzati in società nuove, in lotta per la sopravvivenza e per il futuro.
I due protagonisti, i due fratelli, si differenziano da tutti perché mantengono un legame con il passato, con i ricordi. Custodiscono i resti della mamma e un Libro delle Cose importanti. Una sorta di guida ma anche un modo per “restare umani”.
In un incredibile vortice di emozioni, ricordi, brutalità, questa serie tv è un viaggio tra il sogno e la realtà, è l’invito a mantenere un legame fatto di sentimenti, è una ricerca fatta di partenze e ritorni, di abbandoni e riscoperte in una fase della vita che è il passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
Una bella storia insomma, con tratti ben evidenti che la avvicinano ad una favola, dark, di formazione e di eroismo.
Il cast e le curiosità
Gli attori sono tutti giovani ed in gran parte esordienti. Alessandro Pecorella è Astor, mentre Anna è interpretata da Giulia Dragotto. Giovanni Mavilla è invece Pietro e Clara Tramontano recita la parte di Angelica. Uniche adulte presenti sono Elena Lietti (la mamma dei due protagonisti) e Roberta Mattei, nei panni della Picciridduna.
Niccolò Ammaniti ha dichiarato di essersi ispirato al dipinto Giochi di bambini di Bruegel e ad Apocalypto per il trucco e la visione. Molto importante il ruolo della Sicilia, di una terra in cui si riconoscono Palermo, l’Etna, le ville di Bagheria, Porto Empedocle, Messina. Un luogo magico che diventa terreno di disastro
Ammaniti ha detto: “Abbiamo attraversato la Sicilia alla ricerca di luoghi in cui la civiltà si scontra con la natura. Abbiamo trasformato vecchie ville nobiliari in discariche, orfanotrofi abbandonati in campi di battaglia tra bande di bambini dipinti di blu. Le strade sono state ricoperte di terra. È stato un lavoro fisico, fatto di errori e correzioni, affidato per lo più alle braccia degli scenografi. Gli effetti digitali sono stati usati con parsimonia. Anche la fotografia che abbiamo scelto doveva vivere di polvere che brilla nel controluce, né troppo cupa né troppo luminosa”.