Lino Mannocci è l’autore del libro Scene da un matrimonio futurista. Il volume è uscito in libreria per Neri Pozza nei primi mesi dell’anno.
Nelle pagine di Scene da un matrimonio futurista, Lino Mannocci offre un’originale rivisitazione di quelle nozze e, ad un tempo, un omaggio alle vite di alcuni degli invitati, e di altre forme di unioni e sodalizi che direttamente coinvolsero questi artisti e poeti durante quel fatidico 1913. Un ritorno al mondo proprio dell’avanguardia storica, prima che il nostro tempo la riducesse a un’accademia refrattaria alla creatività.
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Scene da un matrimonio futurista – Lino Mannocci
Il 28 agosto del 1913, a Parigi, Gino Severini sposa Jeanne Fort. Suoi testimoni sono Guillaume Apollinaire e Filippo Tommaso Marinetti. Tra gli invitati, e tra coloro che accorrono al caffè Voltaire per i festeggiamenti, figurano Stuart Merrill, Alfred Vallette, Max Jacob, André Salmon, Rachilde, Francis Carco, Fernand Léger, alcuni tra i più importanti letterati e artisti dell’epoca.
All’ingresso del Comune del 14° arrondissement, Paul Fort, il padre della sposa detto il «Principe dei poeti», non esita a definire l’unione «le mariage de la France avec l’Italie».
Di certo quelle nozze rappresentano un momento esemplare non soltanto dei rapporti tra avanguardia italiana e francese, ma dell’avanguardia storica in generale e della sua indiscussa capitale del tempo: Parigi.
Colma di artisti provenienti da diverse parti dell’Europa, Parigi è allora il centro in cui convergono tutti coloro che, nel vecchio Continente, generano scandalo e turbamento, ma schiudono anche all’arte nuovi e importanti traguardi estetici.
Un milieu artistico e letterario che di lì a poco sarà spazzato via dalla tragica mattanza della prima guerra mondiale.
L’autore
Lino Mannocci nasce a Viareggio nel 1945. Nel 1968 si trasferisce a Londra. Dal 1971 al 1976 studia al Camberwell College of Arts e alla Slade University. Nei primi anni Ottanta partecipa come cofondatore a tutte le mostre del gruppo la Metacosa.
Nel 1984 la prima mostra in un museo, Hack Museum a Ludwighafen, in Germania. Seguono negli anni numerose mostre a San Francisco, New York, Londra, Bergamo e Firenze.