Il 23 Luglio durante il MOF 2023 presso l’Arena Sferisterio di Macerata è andata in “onda” la Carmen di Bizet, opéra-comique in quattro atti dal Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy tratta dalla novella omonima di Prosper Mérimée con la regia di Daniele Menghini in collaborazione con il drammaturgo Davide Carnevali.
Lo Sferisterio si trasforma in una corrida, un toro a terra sanguinante. Commedia dell’Arte o arte della commedia? Le scenografie sono di Davide Signorini, i costumi di Nika Campisi, le coreografie di Virginia Spallarossa, le luci di Gianni Bertoli e la drammaturgia dell’immagine di Martin Verdross. A dirigere il FORM questa volta troviamo l’impeccabile Donato Renzetti, il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” è diretto sempre da Martino Faggiani, mentre i Pueri Cantores “Zamberletti” sono condotti da Gian Luca Paolucci e la Banda Salvadei. La bravissima Ketevan Kemoklidze è la Carmen, mentre Ragaa Eldin è Don José, Fabrizio Beggi lo troviamo nel ruolo di Escamillo, Roberta Mantegna invece interpreta Micaëla, Armando Gabba è Le Dancaïre, Saverio Fiore è Le Remendado e Paolo Ingrasciotta, Moralès. Continuando, Andrea Concetti (Zuniga), Francesca Benitez (Frasquita), Alessandra Della Croce (Mercédès), Andrea Pistolesi (Un bohémien), Tina Chikvinidze (Une marchande) e l’attrice Valentina Picello.
La Carmen torna allo Sferisterio
Danza, corteggiamento, lotta, tauromachia, arlecchino, zingari, si riversano dentro un’arena desolata illuminata da una scritta a led sbiaditi: “Karnem”, un’anticipazione della fine quasi tragica. Inferi, territori dell’esclusione, del margine, del diverso dove la natura raccoglie il suo procedere ciclicamente scontrandosi con un disordine istintuale, addirittura bestiale. La legge del giorno combatte con le forze demoniache dell’interiore creando un cortocircuito inquietante.
Se Don José rappresenta l’ordine malgré soi, Carmen emana quell’energia pulsionale-bolgica che conserva per l’intera opera, mentre Micaela ci appare un porto quasi sicuro dove persino lo spettatore cerca di prenderle la mano per paura di perdersi, o addirittura soffrire. Escamillo invece si trova nell’interstizio dei due mondi, quello della regola e dell’ordine sorvegliato e militarizzato e quello del disordine e della non-curanza. Libertà e controllo giocano una partita fino all’ultimo sangue, un grido di resistenza.
Un omaggio ai mecenati
Ordine e disordine, dionisiaco e apollineo, cultura e barbarie, non c’è via di scampa, così come il toro che deve morire, anche per la Carmen toccherà la stessa sorte, quella sorte che incarna un desiderio di libertà, di ribellione.
Un massacro alla luce del sole, dove la notte ne conserva l’odore acre del sangue. Lo spettacolo della morte e per la morte restituisce la crudezza di una realtà soffocata dal senso profondo della regola, del controllo patriarcale in cui qualsiasi tentativo di sfuggire dagli schemi, dell’ordine precostituito è una sentenza di morte. Arlecchino-Carmen o Carmen-Arlecchino rappresenta il connubio autentico dell’estraneo, del pericoloso, una sorta di manifesto per la libertà, per la vita profonda, istintuale, naturale, quasi una rivoluzione che ancora una volta però si spegne nel suo tentativo di gridare. Una Carmen a pubblico diletto e un omaggio ai cento mecenati dello Sferisterio.
Foto: Marilena Imbrescia